Catalogna quale possibile evoluzione dopo il referendum

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In Catalogna ieri si è votato per il referendum indipendentista. La votazione è stata caotica, con molti seggi chiusi, urne elettorali sequestrate, violenza per le strade e nei luoghi di voto, con elettori che potevano presentarsi per votare in qualsiasi seggio. Una consultazione che non può quindi ottenere il crisma dell’ufficialità, ma che comunque (anche per come Madrid ha scelto di organizzare la repressione) è diventata un simbolo della volontà indipendentista di parte delle persone che abitano quella regione. Il Sì, secondo il governo di Carles Puigdemont ha vinto con una percentuale altissima, e l’affluenza sarebbe stata superiore al 50% se la polizia spagnola e la guardia civil non avessero sequestrato oltre 700000 schede votate; senza quelle schede la percentuale dei votanti si è attestata, sempre secondo i dati del governo catalano, al 42%.
Cosa accadrà quindi nei prossimi giorni? Dopo la proclamazione del risultato il parlamento catalano verrà chiamato ad esprimersi sulla dichiarazione di indipendenza, che il combinato disposto della legge referendaria permette entro 48 ore dall’annuncio dei risultati referendari. Martedì potrebbe essere quindi la giornata nella quale il parlamento catalano avrebbe la possibilità votare per l’indipendenza. Per quella giornata le maggiori sigle sindacali ed i partiti autonomisti hanno proclamato uno sciopero generale, un ottimo sistema per permettere a centinaia di migliaia di persone di non andare al lavoro e poter scendere per le strade a manifestare a favore dell’indipendenza, oppure se le cosa dovessero volgere al peggio, schierarsi a difesa delle istituzioni catalane e dei leader politici della regione.
Esiste a nostro avviso ancora uno spiraglio per una mediazione. Ma la mediazione non può avere come protagonista il Primo Ministro spagnolo Rajoy che ormai agli occhi dei catalani impersona il responsabile della violenta repressione di ieri. Nessun politico catalano avrebbe il sostengno popolare se venisse a patti con colui che essi ritengono come il responsabile di oltre 800 feriti, dell’utilizzo di lacrimogeni e proiettili di gomma contro la folla dei manifestanti.
L’unica figura che, per poteri e ruolo costituzionale, potrebbe tentare una mediazione, anche utilizzando argomenti molto forti, è il sovrano di Spagna S.M. Felipe VI. Purtroppo il sovrano tace dal 28 settembre scorso e non ha preso alcuna posizione sui fatti avvenuti ieri. S.M. Felipe VI dovrebbe avere la forza ed il coraggio di parlare alla Spagna e farsi garante dell’unità della nazione spagnola, allo stesso tempo assicurare ai catalani la massima autonomia ed una riforma in senso federale dello stato; riforma che renda Barcellona completamente libera sotto il profilo dell’educazione, della sanità, della gestione dell’ordine pubblico, e la vincoli a Madrid per la politica estera e di difesa, fornendo allo stato centrale parte delle tasse riscosse nella regione. Una riforma in grado di soddisfare le richieste di autonomia che arrivano oltre che dalla Catalogna anche dalla Galizia e dai paesi Baschi.
La Spagna ne uscirebbe rafforzata avendo eliminato le spinte centrifughe degli indipendentisti e permettendo ad ogni regione di contribuire, al meglio delle proprie possibilità, allo sviluppo del paese.
Se invece Madrid dovesse scegliere la repressione in stile sud-americano, lo stato spagnolo potrebbe disgregarsi. Dopo la Catalogna anche gli altri indipendentisti vorranno il loro referendum e saranno pronti a versare il loro sangue per una causa che diventerebbe la ragione di vita per milioni di persone oggi schiacciate dall’invadenza dell’Unione Europea. Persone che con le poche speranze di miglioramento del loro tenore di vita, determinato da una crisi senza fine, da un concetto di competitività che punta solamente al dumping salariale ed all’importazione di manodopera a basso costo, saranno pronte a lottare per l’indipendenza della loro regione assurta a rango di nazione.
L’indipendentismo oggi potrebbe essere l’unico ideale al quale i popoli potrebbero richiamarsi nella speranza di un futuro migliore, Madrid (e non solo) non lo dimentichi.

Comment(1)

  1. Gpc sono assolutamente contrario a quanto espresso nell’articolo.

    La catalogna ha già oggi tutte le autonomie di cui scrivete (istruzione, sanità, fiscalità su determinati ambiti, pubblica sicurezza etc..) pertanto non c’è molto spazio di trattativa.

    Le corti catalane ratificarono la costituzione che oggi hanno violato; dunque cerchiamo di capirci : se leggi che una nazione si da valgono qualcosa allpra la catalogna non ha diritto ad un referendum che già nel 2014 si è celebrato ed ha portato a risultati simili,cioè a che meno di 1 catalano su 3 è favorevole all’indipendenza.

    Poi possiamo discutere sul fatto che lo stato spagnolo ha usato metodi eccessivi e leggo ovunque gente riempirsi la bocca di parole tipo “fascismo” come se invece la “democrazia” occidentale non venga esportata a suon di bombe. Quanta ipocrisia!!!

    Inoltre il governo catalano è composto da personaggi molto affini al tanto vituperato rajoy, andate a vedere l’estrazione politica dei vari puyol e mas. Guardatene anche l’onestà…
    Per non parlare degli estremisti di sinistra che sono globalisti, vogliono frontiere aperte per gli immigrati ma vogliono un nuovo confine verso quelli che ad oggi sono i loro concittadini.

    Ci si può dichiarare globalisti,cosmopoliti, favorevoli all’immigrazione, pro Euro e pro Europa ed allo stesso tempo voler mettere una barriera interna.
    Semplicemente ridicoli.

    Per quanto riguarda il post-referendum è molto probabile che , al contrario di quanto affermate, si chiami in causa l’art.155 e si limiteranno le autonomie della regione, oltre ad imprigionare gli esponenti della farsa catalana.

    Si griderà allo scandalo, i soliti benpensanti malinformati pubblicheranno sui social slogan, dimenticandosi che uno stato che si voglia definire sovrano ha tutto il diritto di difendere il proprio territorio e ha tutto il diritto di utilizzare la forza per far rispettare le leggi.

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