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L’Egitto: un alleato strategico dell’Italia

L’Egitto: un alleato strategico dell’Italia

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L’Egitto, un paese che rappresentata il fulcro dell’identità islamica sunnita, una potenza economica in grado di cambiare i destini del Nordafrica, un luogo determinate per i commerci mondiali che controlla Suez e il suo canale, una potenza militare che deve trovare alleanze e appoggi nelle democrazie occidentali. Ecco sintetizzato cosa rappresenta per il Medio Oriente, per il Mediterraneo e per l’Europa stessa il paese delle piramidi. Un paese che ha subito per troppi anni l’influenza nefasta dell’integralismo religioso, dove la laicità dello stato è preservata dalle forze armate che lottano quotidianamente per impedire che la fratellanza mussulmana e il suo desiderio di egemonia prendano il sopravvento. Questo Egitto è un baluardo contro ogni forma di integralismo e va sostenuto in ogni modo possibile, anche instaurando forme di collaborazione nella sfera militare, oltre che economica. In questa ottica trova il suo razionale l’accordo, che più parti cercano di sabotare, per la vendita di due fregate classe FREMM al governo di El Sisi. Le due fregate, indispensabili al Cairo per sviluppare operazioni di controllo di un mar Mediterraneo sempre più in balia delle mire espansionistiche della Turchia, che nel concreto oggi rappresenta il braccio armato, nonché politico, anzi la vera e propria incarnazione statuale della Fratellanza Mussulmana. 

Va ricordato che in questi mesi la Turchia sta lavorando ad un progetto ambizioso che ancora una volta mira all’egemonia. Questa volta parliamo dell’egemonia sul controllo del transito di gas naturale verso l’Europa meridionale. Da tempo Ankara si propone come Hub del gas naturale che dall’area dell’ex Unione Sovietica deve raggiungere il sud Europa, ma oggi Erdogan va oltre, cercando di impedire fisicamente il transito del gas sui fondali del Mediterraneo centrale. L’idea di Erdogan è quella di creare una ZEE (Zona Economica Esclusiva) con un confine (illegale) tra Turchia e Libia. La ZEE immaginata da Erdogan e che, legittima o illegittima, legale o illegale che sia, sarà difesa con la forza delle armi dalla Turchia. La ZEE impedirà la posa di gasdotti e attività di collegamento con fibre ottiche o altri sistemi fisici che dovessero attraversare il Mediterraneo centrale, in quanto per poter mettere in campo queste infrastrutture servirebbe il nulla osta (non certo gratuito o filantropico) del Sultano o dei suoi successori.  È  evidente che l’Europa ormai teme il confronto militare, e quindi Erdogan avrebbe campo libero, a meno che una nazione altrettanto determinata si confrontasse con lui. La Grecia che avrebbe coraggio e determinazione manca dei fondi necessari, l’Egitto invece manca di un adeguato strumento aeronavale.

Ecco perché il sostegno all’Egitto è un interesse strategico nazionale, non solo per il gas che Eni estrae al largo del Cairo, non solo per lo stretto legame economico che caratterizza la storia dei rapporti tra Italia e Egitto, ma soprattutto per contenere, senza esporci in prima persona, l’invadenza della nazione turca, nuovamente alla ricerca del suo impero.

A coloro che propagandano il fatto che non dobbiamo sostenere l’Egitto per via della tragedia delle famiglia Regeni rispondiamo in una maniera molto netta e con due soli punti. Il primo punto è  rappresentato dall’evidente impotenza Italiana ed europea nel contrastare le mire espansionistiche turche. Se l’Italia avesse il coraggio e la determinazione necessaria per impedire che unità navali turche caccino le nostre navi da esplorazione mineraria, allontanandole dalle aree a loro legalmente assegnate (come già successo nel recente passato con la SAIPEM 2000, qui il link ad un articolo relativo alla vicenda) allora non servirebbe armare gli egiziani. Quando l’Italia e l’Europa, all’interno dell’operazione Irini al largo della Libia, cercano di ispezionare un traghetto battente bandiera della Tanzania, che fa la spola da settimane tra Istanbul e Tripoli, trasponendo di tutto e di più, e le navi turche in zona operazioni dichiarano che tale imbarcazione è  “sotto la loro protezione” non permettendo le ispezioni NATO, ecco in questo caso all’Italia e all’Europa serve un Egitto ben armato e pronto a confrontare i Turchi. Il secondo punto è ancora più  semplice. Unire indissolubilmente la tragedia di Regeni alle scelte di interesse strategico nazionale otterrà inevitabilmente due risultati, entrambI negativi: l’Egitto entrerà nella sfera di influenza russa, oppure francese, e i colpevoli dell’omicidio Regeni resteranno impuniti. Perché nessuno ricorda la storia? Perché nessuno ricorda che ad esempio la Libia di Gheddafi consegnò i responsabili della strage di Lockerbie solo DOPO un accordo con gli americani e non DURANTE le minacce di ritorsioni politiche e militari di Washington, lo stesso schema è da applicare al caso Regeni. Solo dopo un accordo a tutto campo con l’Egitto, che non preveda nessuna ritorsione brandendo il nome di Regeni si potrà lavorare per poter processare chi ha ucciso il ricercatore italiano che lavorava per Cambridge 

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Comment(1)

  1. Il problema Libia doveva essere risolto da noi ma nel 2011. Adesso comunque vada a finire siamo attori di 3° o 4° livello. Ce lo meritiamo? si, vista l’inettitudine delle attuali classi dirigenti.

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