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L’obiettivo geostrategico primario di Vladimir Putin e il ruolo dell’Europa

L’obiettivo geostrategico primario di Vladimir Putin e il ruolo dell’Europa

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Esiste un obiettivo primario che la Russia di Vladimir Putin deve raggiungere a tutti i costi? E se sì, qual è questo obiettivo in grado di determinare il destino della Russia contemporanea? 
Rispondere a questa domanda permette di comprendere in anticipo, se non di prevedere, le prossime mosse del presidente russo sullo scacchiere mondiale.
La Russia potrebbe avere diversi obiettivi strategici, ma qual’è il primario obiettivo irrinunciabile? Cerchiamo di sintetizzare le aree nelle quali la Russia sovrappone i priori progetti a medio e lungo termine con l’emergenza altre potenze mondiali ed in particolare con gli Stati Uniti.
Iniziamo dal Mediterreno, mare cruciale per lo sviluppo dei commerci mondiali, non solo quelli che riguardano l’estremo oriente e l’Europa, ma anche per la rete di commercio globale che vede come protagoniste le compagnie di spedizioni marittime cinesi, che circumnavigano il globo trasportando non solo merci proprie ma anche beni prodotti da Stati Uniti, Canada ed Europa. Il Mediterraneo è inoltre un luogo cruciale per il commercio delle risorse energetiche di Russia, Iran, Arabia Saudita, Repubbliche Caucasiche e oggi di Egitto e Israele. Il luogo chiave oggi per il controllo del Mediterraneo, o meglio per consentire alla flotta russa di operare anche in tempo di guerra è la Siria con la sua piccola base di Tartus. La Siria è oggi quindi uno dei luoghi di primario interesse per i piani di sviluppo immaginati dagli strateghi del Cremlino.
Il secondo luogo chiave è certamente la frontiera occidentale della Federazone Russa, tutta la frontiera, dalla Finlandia, fino all’Ucraina. Questo luogo è di cruciale importanza per la sicurezza nazionale della Russia, inquant storicamente rappresenta, insieme al Caucaso e alla Mongolia Esterna, una delle tre storiche direttrici attraverso le quali la Russia può subire un’invasione del suolo nazionale. Lungo ognuna di queste direttrici sarebbe strategicamente preferibile, per Mosca, mantenere una separazione fisica tra la Russia e i suoi avversari politici e militari. La separazione fisica si ottiene garantendo la presenza di “Stati cuscinetto” tra il suolo nazionale russo e i territori oggi appartenenti al Blocco Atlantico. Bielorussia e Ucraina svolgevano, fino a ieri fatti di Maidan, questo compito di “garanzia” nei confronti della Federazione Russa, nella parte meridionale della frontiera. Nella parte settentrionale della linea di confine occidentale della Federazione Russa questo ruolo di garanzia è affidato inceve ad una Finlandia “non allineata”, ad una Svezia “neutrale” e alle tre Repubbliche Baltiche nei fatti, demilitarizzate, anche se inserite all’interno della Nato.
Dopo Maidan l’Ucraina ha perso il suo ruolo di garante dell’intangibilità dei confini russi e ha marciato rapidamente verso l’Europa e contestualmente verso l’adesione alla NATO. Anche la Finlandia e la Svezia hanno iniziato un cammino che sembra portarle a perdere la loro neutralità, ed i loro status di paesi non allineati, avvicinandosi sempre più ad una alleanza con gli Stati Uniti. Anche le Repubbliche Baltiche, grazie ad constante rafforzamento dei contingenti Nato dispiegati in via permanente sul loro territorio, non possono ormai più essere considerate come Stati “demilitarizzati”. La Russia vede oggi la propria frontiera occidentale come una regione critica per garantire l’indipendenza della Nazione e di conseguenza una priorità della propria pianificazione strategica.
Il terzo settore cruciale per la Russia è rappresentato dal confine marittimo tra Russia e Giappone, paesi che a causa delle dispute territoriali riguardanti le isole Kurili non sono ancora stati in grado di definire un trattato di pace successivo alla seconda guerra mondiale, fatto che mina alle fondamenta sia il rapporto di fiducia tra Russia e Giappone, sia impedisce lo sviluppo di adeguati accordi commerciali tra le due nazioni.
Comprendere quale sia oggi la priorità N.1 di Vladimir Putin, potrebbe quindi permetterci di prevedere quali potrebbero essere le prossime mosse del Cremlino sullo scacchiere internazionale.
Il nostro gruppo ritiene che ognuna di queste aree sia indetifcata come vitale da Vladimir Putin, e che oggi il Presidente Russo possa avere la possibilità di ottenere garanzie per Mosca in ognuna di queste zone di attrito. Questa opzione passa esclusivamente per un accordo politico con la potenza americana, scambiando l’impegno militare russo nella lotta alla galassia Jihadista, lotta che verrebbe quindi coordinata strettamente con Washington, con la fine della divisione in blocchi dell’Europa, dove potremmo assistere al ritorno di una divisione informale in “zone di condivisione e zone di priorità”. Per zone di condivisione intendiamo la possibilità per le due potenze di stipulare trattati di libero scambio che non siano antitetici tra loro, e che permettano alle nazioni europee di diventare un “ponte” per gli scambi commerciali tra Russia e Stati Uniti. La zona di condivisione in Europa potrebbe essere rappresentata dall’attuale Unione Europea, che sarebbe così in grado di beneficare della vicinanza geografica con la Russia, e allo stesso tempo continuare nel solco della tradizione transatlantica di amicizia con gli Stati Uniti. L’Europa potrebbe così ottenere il suo ruolo di grande mediatore tra Russia e Stati Uniti e assumere uno stato globale di potenza.
Per zone di priorità intendiamo invece ristrette aree di non competizione tra Russia ed America nei campi dell’economia e delle politiche di difesa. In Europa, ad esempio, potrebbe essere definita area di priorità russa la frontiera occidentale con l’esclusione delle Repubbliche Baltiche. Nel Pacifico Giappone e Corea del Sud, Vietnam, Malesia e Indonesia, dovrebbero invece rientrare nell’area di priorità americana, che nel confronto con la Cina non dovrebbe doversi guardare dai progetti di espansione militare e commerciale della Russia, avendo quindi maggior margine di manovra e più possibilità di successo in un confronto con Pechino.
La presenza di Donald Trump alla Casa Bianca rende possibile questo scenario, uno scenario dove l’Italia potrebbe il fulcro di questa nuova Europa capace di unire Stati Uniti e Russia ottenendo le materie prime della Russia, la tecnologia americana e avendo a disposizione delle nostra azienda due tra i mercati più importanti del pianeta. Un accordo di questo genere è utile a tutti, ma in particolare è utile al nostro paese, che è privo di materie prime ed è assetato di mercati dove esportare i prodotti della nostra manifattura, altrimenti destinata ad estinguersi.
Ecco come si può conciliare la sicurezza della Russia, l’indipendenza delle Nazioni Orientali Europee, la grandezza degli Stati Uniti, e non ultimo un ruolo centrale per il nostro paese.

Comment(1)

  1. Il presupposto di questo ragionamento, teoricamente interessante, è che Trump non dia corso alle sue promesse in termini di apertura dei mercati alle importazioni. Non sarei cosi sicuro che non farà nulla in questo campo. Anche perchè assieme alla lotta all’immigrazione sono le 2 promesse che ai suoi elettori interessano di più. Se non le mantiene, almeno in parte, tra 4 anni addio Rust Belt e addio possibilità di conferma. Penso anche che i repubblicani vadano in questa direzione dato che tra i neri non avranno mai consensi e coi latinos la situazione sarà sempre problematica… occorre fare bottino pieno tra i bianchi (quelli che io considero i VERI americani).

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