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Una Guerra di Informazione contro gli Stati Uniti

Una Guerra di Informazione contro gli Stati Uniti

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Stiamo analizzando i rapporti prodotti dalla Commissione Intelligence del Senato Americano relativi alle “actives measures” ed alle interferenze messe in atto dalla Russia in occasione delle elezioni presidenziali del 2016. 

Si tratta di 5 rapporti per un totale di circa 1.300 pagine che analizzano i diversi aspetti della questione (l’ultimo è stato pubblicato solo qualche giorno fa).

Con questo post vorremmo portare alla vostra attenzione le informazioni più importanti che possono essere trovate nel rapporto n.2 dedicato alla campagna di manipolazione e disinformazione che sarebbe stata condotta sui social media.

È doveroso sottolineare, prima di iniziare, che tali rapporti sono il risultato di uno sforzo bipartisan che ha unito sia democratici che repubblicani, secondo lo spirito che anima  tale Commissione, in quanto l’intelligence non dovrebbe mai essere condizionata da interessi di parte.

La Commissione, dopo anni di indagini approfondite, è arrivata alla conclusione che nel 2016 il governo russo, soprattutto attraverso  un’organizzazione chiamata “Internet Research Agency” (IRA), basata a San Pietroburgo, ha condotto una guerra d’informazione allo scopo di diffondere disinformazione ed aggravare le divisioni e le tensioni presenti in seno alla società americana. 

Perché scegliere di condurre una guerra d’informazione? Ci sono molti validi motivi: è innanzitutto molto più economica di un conflitto militare convenzionale, rende spesso difficile risalire con certezza agli autori (limitando quindi le capacità di rappresaglia) ed infine l’attacco stesso spesso viene scoperto in ritardo rispetto a quando è stato portato, vanificando la possibilità di mitigazione del danno.

Si trattava anche di uno dei pochi modi di attaccare l’Occidente, vista la grande disparità in termini di potenza economica e militare tra USA e Russia.

Ma torniamo ai dettagli di questa possibile campagna ostile.

L’IRA è una società fondata e diretta da Yevgeniy Prigozhin, un oligarca russo che conduce operazioni di intelligence e militari per conto del Cremlino. Prigozhin è stato anche collegato al finanziamento ed alla direzione del gruppo Wagner, noto gruppo paramilitare russo che recentemente ha combattuto in Ucraina, Siria e si trova attualmente sul campo in Libia.

Prigozhin è stato soprannominato “lo Chef di Putin”, a causa dei numerosi contratti di catering che ha concluso con il governo russo, compreso quello del ricevimento tenuto in occasione della vittoria di Putin alle elezioni del 2012.

L’IRA è una cosiddetta “fabbrica di troll”(definizione riduttiva), un’organizzazione con un budget mensile di più di un milione di dollari e circa 400 impiegati, che si occupava di creare migliaia di pagine e profili personali su praticamente ogni social media esistente allo scopo di farli passare come pagine e persone reali gestiti da cittadini americani. Accumulavano  pazientemente followers col passare dei mesi prima di passare all’attacco, diffondendo determinate informazioni al momento opportuno.

Sebbene la guerra d’informazione russa abbia sfruttato il contesto delle elezioni presidenziali del 2016, l’operazione era focalizzata su questioni altamente divisive quali razza, immigrazione, secondo emendamento (cioè il diritto garantito dalla Costituzione di possedere e portare armi) nel tentativo di mettere gli americani gli uni contro gli altri e contro il loro governo, tutto questo ben al di là delle elezioni stesse.

Come viene sottolineato nel rapporto il target di queste operazioni non era soltanto una specifica tornata elettorale, ma il tessuto stesso della democrazia americana.

I contenuti pubblicati erano appositamente studiati per provocare rabbia ed indignazione, divisioni e sfiducia nelle istituzioni.

Le già di per sé divisive elezioni presidenziali del 2016 sono state solo una componente aggiuntiva che ha reso più dirompenti le azioni messe in atto.

La prova che tali operazioni non mirassero esclusivamente ad influenzare le elezioni del 2016 sta nel fatto che l’attività dell’IRA sui social non è cessata ma anzi aumentata dopo l’Election Day: +238% su Instagram, +59% su Facebook, +52% su Twitter.

Relativamente alle elezioni stesse la Commissione ha concluso che il governo russo avrebbe agito in modo da discreditare e denigrare tutti i candidati, repubblicani e democratici, che avessero una linea ostile nei confronti della Russia.

Durante le primarie sono stati condotti attacchi contro Hillary Clinton ed a favore di Bernie Sanders, contro i repubblicani Ted Cruz, Marco Rubio e Jeb Bush, e spesso a favore di Donald Trump.

Una volta che i candidati dei due campi erano ormai decisi, la campagna russa si è concentrata il più possibile sul danneggiare Hillary Clinton: sono note a tutti le migliaia di mail riservate della Clinton il cui furto il rapporto attribuisce alla GRU o G.U. (l’agenzia di intelligence militare russa) che le ha poi passate a Wikileaks perché le pubblicasse; notizia immediatamente diffusa e ricondivisa ovunque dai troll dell’IRA,  poi ripresa e seguita implacabilmente da media russi largamente seguiti quali Russia Today e Sputnik.

Vediamo quindi che in parallelo alle attività dell’IRA, il GRU portava avanti operazioni di furto di informazioni, che venivano poi inviate ad organismi o giornalisti che erano in grado di pubblicarle. A questo scopo anche il GRU ha impiegato identità fittizie sui social come “DCLeaks” o “Guccifer 2.0”.

Anche dopo le elezioni, quando Trump stava considerando Mitt Romney (storicamente molto critico della Russia) per ricoprire la carica di Segretario di Stato, gli account gestiti dall’IRA hanno cominciato una pesante campagna di denigrazione nei suoi confronti, chiamandolo “serpente a due teste” e “pupazzo dei globalisti”.

Ma attenzione, il Cremlino ha favorito Trump non per una qualche simpatia personale o perché “amico dei russi”, ma perché considerato il meno pericoloso per la Russia e forse il più divisivo al livello societario, il tutto nell’ambito di una guerra che va oltre una singola elezione, come dicevamo prima.

A conferma di questo il rapporto afferma che l’atteggiamento positivo dell’IRA nei confronti di Trump si è esaurito con le elezioni. Una volta Trump eletto, l’IRA ha cambiato completamente attitudine cominciando ad enfatizzare e provocare sentimenti anti-Trump in un’audience di sinistra, promuovendo addirittura hashtag quali “Impeach45”, “Resist”, “GunReformNow”.

Tornando all’attività sui social, bisogna notare che la stragrande maggioranza dei contenuti diffusi dall’IRA non esprimeva un chiaro supporto per l’uno o l’altro candidato. Invece i contenuti si concentravano spesso su una narrativa discreta centrata su disunità, malcontento ed assenza di speranza.

In questo contesto nessun singolo gruppo è stato preso di mira dall’IRA più degli Afro-Americani: le questioni razziali sono state il loro obiettivo preferito: di tutti i contenuti IRA sponsorizzati su Facebook il 66% menzionava una parola collegata alla razza; il targeting basato su geolocalizzazione (strumento offerto da Facebook per mostrare certi contenuti in certe aree geografiche) era principalmente indirizzato verso aree metropolitane ad alta presenza afro-americana; il 96% dei contenuti YouTube era basato su questioni razziali e violenza poliziesca.

Nel caso degli Afro-Americani venivano anche condotti attacchi che li spingessero a non votare (caratterizzati da hashtag come “non votare per niente”, “perché dovresti votare”, “il nostro voto non conta”) oppure a non votare Clinton, e magari votare un candidato indipendente (“un voto per Jill Stein non è un voto sprecato”) che non aveva alcuna speranza di vittoria.

Per evitare incomprensioni bisogna chiarire che lo scopo di questa campagna non è quello di creare problemi che non esistono, ma di sfruttare divisioni e fratture già esistenti nella società presa di mira: le questioni razziali, per esempio, non sono “un complotto russo”, ma sono state sfruttate e grandemente amplificate dai troll russi.

Più una società è polarizzata, più è vulnerabile a questo tipo di attacchi.

Tutte le istituzioni e le norme che definiscono le democrazie liberali occidentali (elezioni aperte e competitive, informazione libera, libertà di parola, società differenziata) sono perfetti conduttori della propaganda anti-occidentale.

I bot, cioè account automatizzati, hanno giocato un ruolo molto importante nella diffusione di informazioni false: dei ricercatori che hanno analizzato circa 20 milioni di tweet relativi alle elezioni 2016 hanno scoperto che circa 1/5 erano il risultato di bot.

L’uso di enormi quantità di bot, oltre che di migliaia di account gestiti da persone in carne ed ossa, mostra il modus operandi di questa campagna: ampi volumi di interazioni ad un ritmo rapido, continuo e ripetitivo.

Basandosi sul principio secondo cui le prime impressioni che una persona ha sono quelle più difficili da cancellare, l’IRA letteralmente “inondava” in tempi record i social con la propria “versione dei fatti” di qualunque evento accadesse nel mondo reale, lasciando l’audience presa di mira completamente sopraffatta dalla mera mole di informazioni.

Sono stati attribuiti agli account NON automatizzati creati e gestiti dall’IRA almeno 61.500 post su Facebook, 116.000 su Instagram e 10,4 milioni di tweet, tutti sotto le mentite spoglie di autentici cittadini americani: un esercito di troll che sopraffà i social con un diluvio di contenuti falsi o fuorvianti, semina il dubbio e la paranoia e distrugge ogni possibilità di usare Internet come uno spazio democratico.

Facebook ha stimato che almeno 11.4 milioni di persone negli USA hanno visto almeno uno dei contenuti sponsorizzati (quindi a pagamento) dell’IRA, e si tratta solamente di 3.393 post.

Se parliamo di contenuti non sponsorizzati invece, Facebook stima che 126 milioni di americani siano entrati in contatto con tali contenuti nel periodo 2015-2017.

Gli account e le pagine utilizzate in questa enorme campagna manipolativa erano oggetto di grande cura ed attenzione: per ottenere seguito e credibilità, la maggior parte dei contenuti condivisi erano innocui (canzoni preferite e ricette, per esempio, nel caso di profili personali), il tutto per non destare sospetti ed attirare l’attenzione di persone dagli interessi simili.

Un esempio molto chiaro è quello di una pagina Facebook chiamata “Army of Jesus”, una pagina apparentemente cristiana che nella maggior parte dei casi condivideva semplici incoraggiamenti e passaggi biblici.

In mezzo a molti post innocui e coerenti con il tema della pagina, necessari per aumentare il numero dei followers (216.000 al momento della chiusura) venivano poi inseriti contenuti sensibili. Nel caso della pagina in questione, tra i vari post di incoraggiamento condivisi negli ultimi giorni prima dell’Election Day 2016, spicca ad un certo punto un post che veicola la notizia falsa che la Clinton volesse rimuovere la parola Dio dal giuramento.

Come dicevamo prima, elementi divisivi, spesso falsi, pensati per provocare rabbia ed indignazione.

Un altro elemento fondamentale da capire per comprendere la strategia russa in questa guerra d’informazione è la cosiddetta “ideologia fluida”; al contrario di quanto accadeva durante la guerra fredda, quando i sovietici supportavano quasi esclusivamente gruppi di sinistra e diffondevano una propaganda conforme alla loro ideologia, la disinformazione russa messa in atto nel 2016 non ha alcun limite ideologico.

Una stessa persona, operante da uno stesso pc, diffondeva una versione dei fatti con account di “destra” ed il suo esatto contrario con account di “sinistra”, il tutto allo scopo di creare confusione e competizione tra i vari campi.

Alcuni esempi pratici:

1.Ecco alcune delle pagine Facebook più attive gestite dall’IRA: “Stop All Invaders” (contro l’immigrazione); “Brown Power (a favore dei diritti degli immigrati); “Being Patriotic” (temi di destra, secondo emendamento); “Blacktivist” (questioni razziali e brutalità poliziesca); “United Muslims of America” (diritti dei rifugiati e libertà religiosa); “LGBT United (identità di genere e sessuale); “Army of Jesus” (temi cristiani). Lo stesso avveniva su Instagram, dove l’IRA gestiva account che promuovevano tutto ed il contrario di tutto, con i 10 (su oltre 130) account più seguiti che contavano complessivamente più di 1 milione e mezzo di followers, generando decine di milioni di interazioni.

2.Nel maggio 2016 la pagina “Heart of Texas” (250.000 followers) promuove una protesta davanti al centro islamico di Houston. Contemporaneamente, la pagina “United Muslims of America” (325.000 followers) promuove un secondo evento alla stessa ora nello stesso posto. Nessuna delle due pagine aveva avvertito della presenza dei followers dell’altra. Lo scopo era chiaramente quello di provocare degli scontri.

3.A metà novembre 2016 agenti operativi dell’IRA hanno organizzato a New York, praticamente nello stesso momento, sia una manifestazione a sostegno di Trump che un’altra caratterizzata dallo slogan “Trump non è il mio presidente”.

Per sottolineare la rilevanza che alcuni di questi account sono riusciti a raggiungere, vogliamo citare il caso dell’account Twitter “TEN GOP”, fantomatico account del Partito Repubblicano del Tennessee.

Questo account falso non solamente è riuscito ad ottenere più di 150.000 followers (mentre il vero profilo Twitter del Partito Repubblicano del Tennessee ne aveva solo 13.000), ma addirittura alcuni contenuti pubblicati su di esso sono stati diverse volte citati in articoli di giornale e dai media professionali, ignari della sua vera natura, e ricondivisi da celebrità e politici, come per esempio Donald Trump Jr. ed il Generale Michael Flynn.

La stessa cosa è avvenuta con altri account Twitter di presunte persone “di sinistra”, i cui contenuti sono stati condivisi molte volte da un ampio ventaglio di ignari media tradizionali.

Questa è solo una  parte delle informazioni contenute nel rapporto in oggetto, ma riteniamo sia esemplificativa di come funziona una campagna di disinformazione in epoca moderna.

Abbiamo deciso di condividere con voi questi fatti perché possiate tenerne conto quando sentite parlare di quello che in questi mesi sta accadendo e accadrà negli USA in questa tesissima stagione elettorale.

L’Intelligence americana ha avvertito già diversi mesi fa che gli USA sono nuovamente oggetto di queste guerre d’informazione.

A marzo e maggio sono stati scoperti e chiusi moltissimi account Twitter riferibili (ma non ancora con assoluta certezza) al governo russo che utilizzavano le stesse tecniche che abbiamo descritto sopra, impersonando cittadini americani appartenenti a tutte le categorie ideologiche.

Lo stesso è avvenuto recentemente per un’intera rete di account falsi gestiti da attori ostili cinesi che prendevano di mira il presidente Trump, soprattutto riguardo alla gestione della pandemia (ma non trascurando i soliti temi razziali).

Forse contrariamente a quanto avvenne nel 2016, oggi ci sono almeno 3 attori che stanno facendo tutto il possibile per manipolare l’opinione pubblica americana (e globale) ed esacerbare gli animi:

1.la Cina, che conduce una campagna contro il presidente uscente Trump (considerato pericoloso in quanto imprevedibile) ed a favore di Biden (da molto tempo sostenitore della “non-confrontational policy” nei confronti della Cina, evitare qualunque conflitto e sperare che prima o poi la Cina si “occidentalizzi”).

2.La Russia, che conduce una campagna a favore di Trump (considerato inoffensivo) e contro Biden (considerato ostile alla Russia).

3.L’Iran, che conduce una campagna contro Trump (a causa del suo solido sostegno ad Israele e agli altri alleati del Golfo) ed a favore di Biden (che, se eletto, farebbe rientrare gli USA nell’accordo sul nucleare iraniano).

Come vi avevamo accennato nel precedente post sulle “actives measures”, una guerra asimmetrica e non convenzionale è in corso.

È fondamentale rendersene conto e capirne i meccanismi per non cadere vittima della manipolazione e riuscire nonostante tutto a distinguere il vero dal falso, cosa che è e diventerà sempre più difficile con il passare del tempo, anche a causa di tecnologie sempre più avanzate (deep fake) e di una realtà sempre più interconnessa, nella quale i fatti diventano opinioni, e la realtà punto di vista.