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La tentazione argentina di combattere per le Falkland Malvinas

La tentazione argentina di combattere per le Falkland Malvinas

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La storia a volte si ripete, e nei prossimi mesi potrebbe essere la volta delle isole Falkland, che gli argentini chiamano Malvinas. Le isole sono state oggetto negli anni ottanta di una guerra aeronavale, seguita da una rapida operazione di terra, in seguito all’invasione delle truppe argentine delle isole contese. L’invasione avvenne in un momento strategicamente importante segnato dal ritiro dalla linea di una delle due portaerei britanniche che prestavano servizio in quegli anni. Pochi mesi dopo il ritiro dalla linea della HMS Hermes gli argentini ebbero la meglio sulla guarnigione inglese e issarono la bandiera bianca e azzurra della loro repubblica a Stanley capitale delle Isole Falkland Malvinas.
Ma il governo inglese rispose prontamente e inviò una Task Force che riconquistò l’arcipelago. Le dinamiche esatte saranno oggetto di un nostro articolo nella sezione storica.
Oggi la storia tende a ripetersi. Gli inglesi da pochi mesi non dispongono più della componente aerea ad ala fissa della loro flotta visto il ritiro dalla linea di volo degli AV/8 Harrier Jet, in attesa dell’entrata in servizio degli F/35, entrata in servizio che non è prevista per i prossimi 24 mesi. In questa condizione la Gran Bretagna avrebbe grossi problemi a confrontarsi con la marina e l’aviazione argentina anche inviando le sue più moderne unità lanciamissili nell’eventuale area di crisi.
A soffiare sul fuoco ci ha pensato nella giornata del 03 gennaio la Presidente dell’Argentina Christina Kirchner che in una lettera aperta, in vista del referendum di marzo che si terrà alle Falkland Malvinas riguardante la sovranità dell’arcipelago, ha invitato i britannici a lasciare le isole “prese con la forza all’Argentina 180 anni fa”.
A stretto giro di posta ha risposto il primo ministro inglese David Cameron che ha dichiarato che gli abitanti delle Falkland Malvinas vogliono restare sudditi di Sua Maestà Britannica.
Ma questo referendum conterà davvero poco, non è la volontà dei residenti delle Falkland Malvinas che ne determinerà la futura sovranità e non sarà nemmeno il consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite a dirimere la disputa internazionale in quanto il Regno Unito con il suo diritto di veto potrà bloccare sul nascere qualsiasi iniziativa ritenga pericolosa, dal punto di vista politico e diplomatico, per la sorte delle Falkland Malvinas.
Isole che oggi non risultano importanti solo punto dal punto di vista dell’orgoglio nazionale, ma che sono fondamentali per lo sfruttamento dei fondali dell’atlantico meridionale, fondali che sono ricchi di giacimenti di idrocarburi e gas naturale.
Così la tentazione dell’argentina di combattere nuovamente per l’arcipelago conteso è forte, in particolar modo in un contesto di crisi europea che ha ridotto in maniera significativa il budget per le forze armate di Sua Maestà, e in un momento dove gli Stati Uniti non correrebbero certo in aiuto dell’alleato inglese, vista la politica di isolamento attuata dal presidente Obama.
Così anche nelle Falkland Malvinas si torna a parlare di guerra tra due nazioni che dal 1982 non sono mai state realmente in pace.

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