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Barents Sea - Source Wikipedia

Gas russo dall’Artico ? Non ora

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Negli ultimi anni l’importanza dell’area artica è cresciuta in modo esponenziale (ne abbiamo brevemente accennato qui). La motivazione principale che guida l’interesse verso la regione artica è costituita innanzitutto dagli immensi giacimenti di idrocarburi e di altre materie prime.

Oggi vogliamo focalizzare la nostra attenzione sull’immenso giacimento di gas situato al di sotto del Mare di Barents, il cosiddetto Shtokman Gas Field (dal nome di un importante geofisico russo, Vladimir Shtokman). Scoperto nel 1988, fin da subito ha dimostrato di essere uno dei più grandi giacimenti del pianeta, con i suoi 3,8 miliardi di metri cubi di gas.

Barents Sea - Source Wikipedia

Da allora sono partite una serie di cordate, capitanate da Gazprom. Questi consorzi tra famose aziende estrattrici (per citarne alcune Norsk Hydro, Conoco e Total) si sono susseguiti con fortune alterne fino al 2012, anno in cui è accaduto l’inevitabile. Gazprom ha deciso di sospendere il progetto Shtokman.

Che l’estrazione non fosse impresa facile, gli ingegneri l’avevano compreso fin da subito. In quel punto, il mare di Barents è profondo tra i 300 e 400 metri, inoltre il punto d’appoggio a terra più vicino dista ben 600 chilometri.

Nel corso degli anni, gli esperti hanno messo sul tavolo della progettazione ogni tipo di difficoltà: dalle immense onde oceaniche, al rischio di iceberg aumentato a causa del Global Warming. Tuttavia, nonostante queste e numerose altre difficoltà tecniche, gli ingegneri sono riusciti a trovare comunque delle soluzioni efficaci.

Ma tutto ciò non è bastato, il progetto, almeno per il momento, non vedrà la tanto agognata “fase 2”.

Motivazioni tecniche a parte, esistono ragioni più squisitamente economiche e politiche: l’idea iniziale del progetto prevedeva la consegna di buona parte del gas, sotto forma liquida, al mercato nord americano (USA in particolare). Tuttavia, grazie ad altri avanzamenti tecnologici, in particolare tramite gli shale-gas, gli Stati Uniti sono diventati quasi del tutto auto-sufficienti dal punto di vista dei consumi di gas. Se la produzione russa iniziasse domani, avremmo un mercato globale invaso da un enorme surplus. Fatto è che tutto quel gas deve essere esportato, perchè costituisce un multiplo del consumo interno russo e gli USA non sono l’unico mercato possibile.

Riteniamo che il momento di congiuntura economica globale non sia per nulla favorevole ad un investimento di queste proporzioni, sebbene per contro, potrebbe proprio essere questo il momento propizio per investire in infrastrutture. Fatta salva questa ultima nostra osservazione, è probabile che per il giacimento Shtokman il progetto subirà un deciso rallentamento. Non crediamo in uno stop definitivo, ma solo in una abbondante dilazione temporale. Tenendo conto che tra qualche anno il ciclo economico potrebbe tornare in territorio favorevole e che sicuramente la tecnologia estrattiva diventerà più economica, siamo certi che Shtokman diventerà uno dei siti estrattivi più importanti del mondo.

La corsa all’Artico, al contrario, non subirà alcun rallentamento: con o senza riscaldamento globale, è stato, è e rimarrà un importante crocevia degli interessi geopolitici di mezzo mondo.

Econ1 Analista economico, si occupa principalmente di temi macroeconomici, Europa, Cina, Cinafrica. Economia dello sviluppo e temi di economia ambientale. Contattabile via mail (in calce).