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Il Sulcis : da problema a risorsa per l’Italia

Il Sulcis : da problema a risorsa per l’Italia

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GPC raramente si occupa delle questioni interne italiane, ma per la regione del Sulcis ce la sentiamo di fare uno strappo alla regola. Nel Sulcis, regione carbonifera a vocazione industriale, la disoccupazione giovanile è la più alta d’Italia e contemporaneamente due importanti risorse nella produzione di materie prime sono minacciate dai meccanismi di una globalizzazione senza regole, da un costo dell’energia tra i più alti del mondo e da una politica industriale e strategica dei governi Italiani che ha sempre fallito gli obiettivi primari: occupazione, profitto e sviluppo.
Stiamo parlando della possibile chiusura delle miniere di carbone del sud della Sardegna e dell’interruzione della filiera dell’alluminio nel nostro paese. Alluminio che viene prodotto solo nella regione del Sulcis e che viene destinato sia al consumo interno, che è stimato in 1600000 Tonnellate anno, sia all’esportazione. I due problemi che appaiono indipendenti l’uno dall’altro, se fossero affrontati insieme potrebbero essere risolti con un impegno economico minore di quanto fosse necessario se venissero risolti per vie parallele, inoltre una soluzione che preveda una sinergia tra carbone e polo industriale dell’alluminio garantirebbe alla regione decenni di sviluppo.
Il concetto è semplice. Il problema principale delle industrie metallurgica in Italia, compresa la Alcoa che produce l’alluminio in Sardegna è l’elevato costo dell’energia elettrica, questo grazie ad una politica energetica che da oltre 25 ci vede fuori dal club nucleare e costretti all’importazione dell’85% dell’energia utilizzata dal nostro paese. La Sardegna in tempi di crisi energetica e rinuncia al nucleare possiede una materia prima che in molti paesi d’Europa, pensiamo ad esempio alla Germania, è utilizzata in modo massiccio per produrre energia: parliamo del carbone.
Finanziando ed incentivando la produzione di carbone in Sardegna e costruendo una coppia di centrali a carbone di ultima generazione lo stato italiano potrebbe garantire alle industrie che desiderano continuare ad operare nella regione del Sulcis energia ad un costo più conveniente rapportato all’attuale situazione sarda. Il costo minore verrebbe ottenuto finanziando adeguatamente l’estrazione del carbone che diverrebbe in parte onerosa per lo stato. Tuttavia questa modalità permetterebbe di evitare la spesa di soldi pubblici nell’incentivazione delle singole industrie che oggi operano nel Sulcis e che dopo decenni di incentivi e finanziamenti statali trasferiscono le produzioni in altri stati dove energia e costo del lavoro sono più bassi.
Dobbiamo immaginare quindi il carbone della Sardegna come un’importante risorsa energetica da finanziare adeguatamente al fine di permettere la realizzazione di centrali elettriche funzionanti a carbone che possano fornire energia a basso costo alle industrie del sud della sardegna essendo impossibile la realizzazione di una centrale nucleare nell’area. Investire nel Carbone, nelle miniere e nella produzione elettrica da carbone porterebbe tra tre anni la regione in una condizione favorevole allo sviluppo di industrie energivore, come l’ Alcoa, nel frattempo il Governo dovrebbe garantire a tali imprese energia ad un costo accettabile, ma solo nell’ottica della realizzazione di centrali elettriche a carbone che potranno garantire energia al Sulcis per i prossimi 35 anni.
Se qualcuno in Sardegna pensa di far andare avanti le industrie che portano lavoro e sviluppo con il Cardo Selvatico e la Gallina Prataiola si accomodi pure, ma dovrà fare i conti con la popolazione sarda, normalmente pacifica e di buon senso, ma che messa con le spalle al muro potrebbe reagire in modo imprevedibile.

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