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Le statistiche ufficiali sull’immigrazione in Europa (aprile-giugno 2015)

Ostiniamo per la rubrica “voce dei lettori” questo post di Pasquale Camuso
I dati Eurostat http://ec.europa.eu/eurostat/statistics-explained/index.php/Asylum_quarterly_report riguardo le richieste di asilo nel secondo trimestre (aprile-giugno) mostrano molti punti di rilievo, molte informazioni interessanti da analizzare.

I primi tre paesi per richiesta, in Europa, di domande di asilo, sono Siria, Afghanistan e Albania, soprattutto su quest’ultimo c’Ë da dire qualcosa di molto interessante, più avanti, seguono Iraq, Kosovo, quindi un mix di paesi asiatici e africani: da notare, secondo la tabella 1

http://ec.europa.eu/eurostat/statistics-explained/index.php/File:First_time_asylum_applicants_in_the_EU-28_by_citizenship,_Q2_2014_%E2%80%93_Q2_2015.png ,

che nel primo trimestre le domande di asilo da parte della Siria erano meno di un quarto di quelle che sono diventate nel secondo, a dimostrazione che i profughi siriani si sono mossi in blocco solo dopo l’arrivo di certe informazioni, e probabilmente la messa a disposizione da parte della Turchia, in cui i profughi siriani ammontano a circa 8 milioni di persone, di mezzi adatti all’uopo e probabilmente della possibilit‡ stessa di salpare dalle coste, impensabile che in un paese come la Turchia, coi problemi che sta affrontando, sia consentito ai profughi di partire liberamente dalle loro coste come avviene in Libia.

Dei paesi in cui viene maggiormente fatta richiesta di asilo, nel secondo quadrimestre, possiamo notare che i primi tre paesi sono Germania, Ungheria e Austria. Osservando la Tabella 2 http://ec.europa.eu/eurostat/statistics-explained/index.php/File:First_time_asylum_applicants,_Q2_2014_%E2%80%93_Q2_2015.png si notano dettagli interessanti: la Germania ha visto più che raddoppiare le domande di asilo dallo stesso periodo del precedente anno, l’Italia vede le sue domande invariate, sebbene gli arrivi, secondo moltissime fonti, siano in aumento, l’Ungheria invece, tanto bistrattata, si è ritrovata con una domanda più che decuplicata in un solo anno, mentre per l’Austria è triplicata, per la Francia è invariata e per la Svezia é addirittura lievemente in diminuzione.

Si nota anche qui l’incremento dovuto all’apertura del transito dei profughi siriani, incomprensibile se si considera l’inizio della guerra in Siria e il momento della partenza dei profughi, comprensibilissimo se si considerano invece assieme le notizie riguardo l’apertura europea all’arrivo dei migranti e quindi quelle riguardo gli ingressi in Germania. Mi pare ovvio notare anche che evidentemente queste notizie sono volate e sono state date in pasto, in qualche modo, ai profughi siriani. Forse poi non è stato tenuto in conto che i profughi non avevano alcuna intenzione di fare una conta per sapere chi di loro doveva partire e chi no, e ovviamente son partiti praticamente tutti assieme, quindi trovare una sistemazione per qualche milione di persone è diventato molto difficile. Inutile dire che il movimento di così tante persone é ingestibile anche dal punto di vista della sicurezza degli stati coinvolti: molti degli stati in cui sbarcano i profughi non possono certo permettersi di controllarli tutti, quindi fra di loro possono nascondersi (e la rete ce ne da indubbiamente conferma) terroristi e criminali di vario tipo, e vista l’imponente massa in movimento, non è escluso che portino con se armi o altro, e ovviamente, nel frattempo, sono in grado e hanno tutto il tempo, di controllare gli assets e gli obbiettivi importanti nei paesi in cui sono di transito, analizzandoli a fondo; inoltre, sono in grado anche di analizzare, tramite movimenti violenti, il potenziale delle forze di polizia degli stati, le loro capacit‡ e tempi di risposta, l’addestramento delle stesse e infine le capacità e volontà di intervento dei decisori politici di quegli stessi Stati.

La Tabella 3 http://ec.europa.eu/eurostat/statistics-explained/index.php/File:Asylum_applicants_(including_first_time_asylum_applicants),_Q2_2014_%E2%80%93_Q2_2015.png mostra, per Stato, i cinque paesi maggiormente richiedenti asilo in quel territorio: per l’Italia i profughi siriani non figurano neppure, anzi i cinque paesi non risultano avere conflitti estesi sul loro territorio, sebbene Gambia, Nigeria e Ucraina abbiano conflitti etnici che potremmo definire però di minore entità, e per di più in larga parte di quei tre stati, attualmente si vive esattamente come succedeva anni addietro. In Italia le richieste di asilo nel secondo trimestre risultano circa 15mila, un dato non discrepante rispetto alla massa di arrivi: sappiamo infatti che in Italia meno della metà degli arrivi richiede asilo, e che una discreta parte degli arrivi non viene mai identificata e fugge dai centri accoglienza nella prima settimana dall’arrivo, cifra che, per precauzione, potremmo definire anche fra il 10 e il 20%. Se calcoliamo su questi dati, la base di arrivi, otteniamo che gli arrivi nel secondo trimestre si potrebbero aggirare attorno ai 36mila, con una stima decisamente a ribasso. Questo calcolo non tiene conto dei migranti arrivati sul nostro territorio che richiedono asilo altrove, dato che non viene tenuto in conto neanche dall’eurostat in alcuna delle loro raccolte. Questo numero però non si più estendere sul resto dell’anno, dato che gli arrivi sulla base stagionale sono molto differenti, e in genere nei primi due trimestri sono discretamente inferiori a quelli negli altri due. La disomogeneità generale con cui i richiedenti asilo si distribuiscono nei vari stati europei, mostra che la tanto invocata e sperata integrazione non viene “richiesta” invece dall’asilante, che sceglie, evidentemente, la nazione in cui trova, a seconda della sua nazionalità, più affinità: in molti casi i richiedenti asilo in uno Stato provengono da aree geografiche con affinità fra i popoli.

Le figure 6

http://ec.europa.eu/eurostat/statistics-explained/index.php/File:First_instance_decisions_in_the_EU-28_by_outcome,_selected_citizenships,_2nd_quarter_2015.png

e 7

http://ec.europa.eu/eurostat/statistics-explained/index.php/File:First_instance_decisions_by_outcome,_selected_Member_States,_2nd_quarter_2015.png
mostrano invece le sei nazionalità che effettuano più richieste, i risultati degli stessi, e i paesi in cui vengono effettuate più richieste, e i risultati.

Notiamo facilmente che paesi che non dovrebbero più avere difficoltà relative a guerre o economia, come Serbia, Albania e Kosovo, continuino a distanza di quasi 20 anni, a effettuare richieste, bocciate nella maggioranza dei casi. Eritrea, Siria e Iraq vedono alti livelli di accettazione delle richieste, come è corretto che sia, dato che in Eritrea sussiste attualmente una sanguinosa dittatura, segno evidente che la macchina per la richiesta, in questi casi, funziona come dovrebbe. La figura 7 peró mostra una importante discrepanza: se analizziamo le richieste dal punto di vista degli stati che le accolgono, si individua un trend preoccupante, secondo il quale alcune nazioni tendono a concedere asilo a richieste molto probabilmente montate ad arte o che non derivano affatto da profughi.

Lo status di rifugiato infatti viene concesso a chi si muove da uno Stato in guerra o con gravi carenze di diritti umani (leggasi Eritrea di cui parlavamo prima), la protezione sussidiaria invece viene concessa non tanto al rifugiato, ma a colui che, in mancanza delle caratteristiche per la richiesta di asilo come rifugiato, si presume che se tornasse al suo paese di origine, sussisterebbero fondati motivi che possa incorrere in “grave danno”, fra cui si annoverano persecuzione, tortura, morte. Spesso la protezione sussidiaria viene applicata nei casi di ricongiungimento familiare, e infine esiste il rilascio per motivi umanitari, che viene concesso anche in caso di disastri naturali, oltre che per conflitti, magari dove l’individuo sarebbe coinvolto indirettamente. Se si analizzano quei dati, quindi, secondo questi dettagli, si nota come la Germania offra quasi esclusivamente rilasci secondo status di rifugiato, la Svezia abbia in larghissima parte richieste vagliate come protezione sussidiaria, per cui possiamo ragionevolmente pensare che buona parte di quelle domande siano per ricongiungimenti. In Italia il dato mostra che il nostro Stato Ë, in sostanza, come la Svezia, di manica larga, e rilascia status che, molto probabilmente, non sono dovuti: ben il 25% delle domande viene riconosciuta come motivi umanitari, che è il metodo di accesso più facile alla protezione.
E’ importante ricordare che non è il migrante che decide su quale base viene accettata la domanda, ma lo stesso viene ascoltato da personale autorizzato (i mediatori culturali, spesso), che decideranno se e come accettare la domanda e su che base/livello accettarla. Esistono infatti differenze anche nelle capacit‡ concesse al migrante a seconda di come viene accettata la domanda.

Vediamo comunque che, a parte i casi “limite” di Svezia, che evidentemente concede in maniera abbastanza facile lo status, e l’Inghilterra, che ha adottato negli anni una politica di respingimento piuttosto forte, piÙ della metà delle domande viene scartata. Non terrei in considerazione il dato francese, perchÈ Ë evidente che risente, a prescindere, anche degli attentati compiuti sempre quest’anno sul suo territorio.

In merito all’Albania (e anche, per estensione, al Kosovo), trovo utile osservare che pure essendo una nazione con una forte ripresa, e che sostanzialmente non ha piÙ i problemi dei primi anni ’90, continua ad emettere una forte richiesta di domande di asilo, che in gran parte vengono rifiutate. Se mettiamo questa informazione in relazione col passato dello Stato, possiamo notare che, nonostante l’Italia effettuò una buona politica con la quale si intendeva ridurre il numero di migranti dall’Albania stessa, evidentemente la percezione che fuori dalla propria nazione si stia meglio, sopravvive in quel paese. Se questo fosse veritiero, sarebbe un dato fortemente allarmante sulla base di quanto accade oggi: immaginate fra 20 anni i paesi che oggi richiedono asilo, continuare a farlo, seppur con numeri più bassi, pur sempre esprimendo un costo per i paesi in cui l’asilo viene richiesto, e pur sempre generando un flusso migratorio.

Voglio infine portare l’attenzione dei lettori su due cose importanti: la prima riguarda i termini usati dai nostri media e politici in genere, spesso scorretti, e che in generale ci aiutano anche a capire i dati raccolti da eurostat; la seconda Ë il fatto che il nostro Stato non mette alcun dato a disposizione dei cittadini, che sia possibile consultare in modo agevole, anzi il sito del Ministero dell’Interno appare inspiegabilmente vuoto a riguardo, cosÏ come quelli di qualsiasi associazione si interessi ai migranti, mentre l’unico dato, che definire decente è una bestemmia, viene dal sito dell’UNHCR, l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati http://data.unhcr.org/mediterranean/regional.php#_ga=1.131804109.3389040.1442580955 .

Riguardo ai termini usati, una semplice descrizione.

Definizione di migrante
Il migrante é colui che lascia la propria patria natale per muoversi in un’altra nazione, per una qualsiasi causa che può andare dalla ricerca di migliori condizioni di vita ed economiche, a conflitti e persecuzioni e via dicendo. Il migrante più essere legale o illegale a seconda che si presti all’insieme di leggi e prescrizioni dello Stato che lo ospiterà oppure no.In Italia un migrante deve essere provvisto di documenti identificativi (passaporto) e di un visto, se intende restare per meno di 90 giorni, e di un permesso di soggiorno, se la permanenza si protrae oltre.

Definizione di profugo
Un profugo è colui che sfugge alla guerra o alla persecuzione in propria patria. Profugo è un concetto generico che indica solo la persona o il gruppo oggetto di condizioni di vita inumane, che in genere si sposta dal proprio Stato ad un altro, ma che ha anche tutte le intenzioni, in genere, di tornare a “casa propria”: è cioé un migrante più per obbligo che per necessità, infatti è probabile anche che un profugo avesse in patria condizioni di vita migliori che quelle che troverà nello Stato ospitante. La definizione di profugo non ha alcuna accezione legislativa o politica.

Definizione di rifugiato (o asilante)

Il rifugiato è definito dalla Convenzione di Ginevra:
“Colui che, (…) temendo a ragione di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalit‡, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o per le sue opinioni politiche, si trova fuori del Paese, di cui é cittadino e non Più o non vuole, a causa di questo timore, avvalersi della protezione di questo Paese: oppure che, non avendo la cittadinanza e trovandosi fuori del Paese in cui aveva residenza abituale a seguito di tali avvenimenti, non puÚ o non vuole tornarvi per il timore di cui sopra.”A differenza del profugo quindi, si avvale della protezione dello Stato in cui si Ë spostato, e secondo una serie di regole e leggi prestabilite. Un rifugiato possiede il diritto di Asilo, che lo equipara al cittadino dello Stato ospitante, per brevità diciamo in tutte le caratteristiche della vita quotidiana. Lo status di rifugiato viene stabilito da una commissione apposita, per cui esistono anche motivazioni differenti di accettazione o rifiuto della domanda.

Definizione di clandestino
Il clandestino, o migrante clandestino, è colui che entra in un altro Stato senza rispettarne le leggi sull’immigrazione. Per l’Italia, clandestini sono tutti quelli che non richiedono visto d’ingresso e/o permesso di soggiorno.Negli anni l’Italia non ha normato molto bene l’ingresso di migranti sul suo territorio, con leggi che ponevano sostanzialmente solo restrizioni ma non snellivano i processi o davano direttive precise ed univoche. Recentemente si é deciso di depenalizzare il reato di clandestinità a una pena pecuniaria invece del carcere, ma di per se il reato sussiste comunque.

Importante notare che nessuno degli status sovrastanti, e le leggi connesse, prevedono alcun periodo di accoglienza nel momento in cui giungono in Italia, invece richiedono al migrante, per mantenere il visto, di dimostrare che possono mantenersi tramite un lavoro regolare, questo per evitare che il migrante cada nelle mani di criminali e sfruttatori. In genere lo Stato ospitante cerca di offrire condizioni umane di permanenza ai profughi in attesa di responso da rifugiato, questo perchÈ si suppone che il profugo venga da una situazione terribile, al limite della sopravvivenza, e anche perchÈ fino ad oggi non si sono mai registrati fenomeni nei quali le domande di asilo siano state decine di migliaia. Gli accordi di Dublino II prevedono che sia il paese di arrivo ad esaminare le richieste di asilo, per evitare che i migranti vengano rimpallati fra i paesi europei in attesa ogni volta di un responso. Per quanto l’attuale societ‡ occidentale cerchi in buona parte di sminuire il problema, appare evidente che chiunque entri tramite flussi migratori irregolari in Italia o in qualsiasi altro paese europeo, è evidentemente considerabile clandestino, e nell’eventualità lo è fino al momento in cui la sua domanda di rifugiato viene accettata oppure no, nel caso ne faccia richiesta. L’unica differenza è che quel clandestino la cui domanda di asilo non è ancora stata vagliata, gode di una sorta di limbo, viene cioè considerato “in attesa”, ma non riceve i benefici effettivi di un rifugiato, ad esempio non puÚ lavorare.

In conseguenza, l’uso della terminologia corretta cambia molto la percezione del cittadino: un profugo o rifugiato hanno un effetto differente rispetto a migrante, o anche a clandestino. Se quest’ultima accezione non viene più usata è per indurre il cittadino a individuare negli arrivi qualcuno da accettare, che non è pericoloso ne un problema da risolvere, pure siccome non tutti vengono da zone di guerra, e secondo le ultime rivelazioni solo la metà scarsa delle domande di asilo vengono accettate, si parla sui media più di migrante, ma è evidente che anche questo è scorretto. Di fatto, poiché la metà delle domande di rifugiato, di persone che giungono sul nostro territorio irregolarmente, sono rifiutate come detto, significa che i rimanenti, l’altra metà, sono a tutti gli effetti clandestini; a questi poi andrebbero aggiunti tutti coloro che dopo lo sbarco vengono alloggiati nei centri di riconoscimento e si danno alla fuga, raggiungendo altri stati europei.