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Barack e Vladimir : Nemici per la Pelle

Purtroppo, secondo noi, il titolo di questo post sintetizza una situazione estremamente pericolosa che riguarda i capi di stato delle due maggiori potenze nucleari mondiali. Il presidente russo Putin e il presidente americano Obama sono oggi non più avversari o presidenti di paesi che competono tra loro, bensì sono due nemici, due nemici per la pelle.
Secondo la nostra ricostruzione il rapporto tra Obama e Putin ha iniziato a deteriorarsi quando era presidente della Russia Dimitri Medvedev, in quei quattro anni il rapporto che Obama aveva instaurato con la Russia prescindeva da Putin, non riconosciuto come il vero direttore d’orchestra della politica della Federazione, ma come un uomo al momento con poco potere. Obama discuteva con Medvedev ed era convito che Putin non avrebbe obiettato alle proposte che maturavano nei bilaterali tra USA e Russia nei vari consessi mondiali. Medvedev più volte, anche a microfoni involontariamente aperti in almeno una occasione, ricordò al presidente americano Obama che lui doveva affrontare il problema di turno con “Vladimir”, fatto questo apparentemente ignorato dall’americano. Solo dopo Obama si rese conto che il vero interlocutore era sempre e solo il presidente Putin.
Poi si arrivò alle “primavere” arabe, ed in particolare alla rivolta libica contro Gheddafi. Obama e Putin si confrontarono sulla famosa “No Fly Zone” da imporre sulla Libia. Mosca aveva molto da perdere all’epoca, in particolare a Bengasi, la città dove era scoppiata la rivolta.
La città era sede di una base navale, presa in affitto dalla marina russa, e fondamentale per l’operatività della flotta del Mar Nero nel Mediterraneo. Questa premessa va ricordata quando analizziamo il fatto che Mosca accettó di non porre il veto alla famosa risoluzione ONU che imponeva la No-Fly Zone su parte della Libia. La Russia, al momento, non aveva molta scelta infatti, se il conflitto si fosse cristallizzato con una Libia spaccata in due, e con Bengasi nelle mani dei ribelli, votando contro la risoluzione il Cremlino avrebbe perso le simpatie dei rivoltosi e con esse la base. Mosca voto quindi favorevolmente alla risoluzione sulla No-Fly, ma ben presto questa operazione si tramutò in qualcosa di molto differente. Da no-fly zone l’operazione area alleata si trasformò in una operazione di bombardamento strategico delle infrastrutture di Gheddafi e successivamente di appoggio tattico ravvicinato ai ribelli che avanzano su Tripoli. Queste azioni sono andate ben oltre la risoluzione delle Nazioni Unite che autorizzava solo la No-Fly Zone, e non i bombardamenti in supporto ai ribelli. Ma la risoluzione si prestava a tecnicismi interpretativi, e così non si è assistito ad una sostanziale stasi della guerra civile libica, ma i ribelli hanno sconfitto Gheddafi e instaurato un governo provvisorio che tra i primissimi atti ha revocato l’uso della base navale di Bengasi alla Flotta di Mosca.
E’ in quel momento, a nostro avviso, che Putin inizia a vedere nel presidente americano una figura più che ambigua, un avvocato che porta nella geopolitica mondiale i cavilli delle aule di giustizia e che, nei fatti, non rispetta i patti con i paesi che non gli sono apertamente ostili, se non a volte addirittura alleati (Egitto, Corea del Sud, Israele n.d.r.).
Dopo la caduta di Tripoli e la degenerazione dello stato Libico, la “primavera” è scoppiata in Siria, ultimo alleato della Russia nel mediterraneo. Geopoliticalcenter era nato da poco, e dedicammo un post proprio al confronto tra Russia e America al largo delle acque siriane. La intitolammo così Ritorna la Guerra Fredda al Largo della Siria (https://www.geopoliticalcenter.com/2011/12/ritorna-la-guerra-fredda-al-largo-della-siria) era il dicembre 2011!!! Alcuni tra i nostri amici (non diciamo lettori GPC era nato da 20 giorni e faceva 50 letture al giorno) disse che forse eravamo stati un poco azzardati, ma in effetti era proprio così in quelle settimane risorgeva dalle sue ceneri la Guerra Fredda tra Usa e Russia, quella Guerra Fredda che nel settembre 2013 impedì l’attacco americano alla Siria, non tanto per pressioni diplomatiche reciproche tra Mosca e Washington, ma perchè Mosca si riservava il diritto di difendere “in ogni modo possibile” l’alleato siriano.
Venne trovato un compromesso e in cambio della eliminazione della gran parte delle armi chimiche nelle mani di Al Assad lo Strike in Siria fu annullato. E fu in quella occasione che il presidente Obama, secondo noi, identificò in Vladimir Putin un nemico, un colonnello del KGB che gioca alla roulette russa con una disinvoltura disarmante.
I due si erano già confrontati in un durissimo bilaterale nel G8 tenutosi nel Regno Unito nel giugno 2013, incontro che il nostro analista medico ha cercato di decifrare leggendo il linguaggio del corpo dei due capi di stato (https://www.geopoliticalcenter.com/2013/06/obama-putin-oltre-le-parole-il-linguaggio-del-corpo). Era emerso che i due fossero in totale disaccordo e che solo per poco, forse, non si giunse ad uno scontro vero e proprio.
Poi le Olimpiadi di Sochi dove Obama non intervenne e dove mandò come suo rappresentante nemmeno un funzionario governativo.
obama putinNel mentre è giunta la rivoluzione del Maidan, il colpo di stato a Kiev, dopo che emissari dell’Unione Europea avevano fatto da garanti tra il presidente Janukovic e i rivoltosi al fine di assicurare una transizione democratica, venne l’occupazione russa della Crimea, il referendum della riunificazione di Russia e Crimea, la rivolta nel Donbass, l’intervento militare di Kiev, il controintervento Russo e l’Escalation Simmetrica da noi delineata e teorizzata quando i ribelli stavano per essere sconfitti dall’offensiva di Kiev (https://www.geopoliticalcenter.com/2014/08/guerra-in-ucraina-teoria-escalation-simmetrica).
Nel mentre i rapporti tra Obama e Putin si sono fatti sempre meno frequenti, qualche gelida telefonata, nessun bilaterale, ed infine i vertici degli ultimi giorni in Cina e in Australia. In particolare il G20 in Australia ha evidenziato, una volta per tutte, il fatto che i due ormai sono nemici per la pelle, un odio personale che travalica la geopolitica e la razionalità emerge ad ogni contatto umano tra i due.
Occhiate di sfida, insulti protocollari, mancate strette di mano, il desiderio di pubblica condanna della Russia da parte del G20 richiesto dal presidente Usa per l’intervento nel Donbass e la partenza del presidente Putin prima della stesura del documento finale, documento che senza la sua presenza ha perso gran parte della sua significatività.
Due uomini che si ritengono nemici ora si sfidano sullo scacchiere internazionale dove la razionalità, e non l’impulsività, dovrebbero dominare le scelte della strategia e della geopolitica. Secondo noi tra i due ora non comanda solo la razionalità ma è in gioco l’orgoglio personale, il proprio ego, la propria immagine nella storia, questo andrà ricordato se la questione ucraina degenererà nelle prossime settimane di inverno.