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Barack imperatore d’America

Alcuni giorni fa avevamo cercato di analizzare il possibile comportamento del presidente americano Obama dopo la sconfitta alle elezioni di medio termine, classicamente un test di popolarità ed approvazione degli elettori nei confronti dell’operato del presidente.
Nel nostro post avevamo definito il presidente Obama una “pericolosa Anatra Zoppa”, pericolosa perché avevamo ipotizzato che egli non si sarebbe sottomesso alle indicazioni degli elettori e che avrebbe utilizzato il “potere esecutivo”, potere estremamente esteso nel caso della democrazia americana, per proseguire a cambiare gli Stati Uniti secondo gli ideali e le linee guida che egli propugna sia dal suo primo giorno alla Casa Bianca.
Ma il presidente Obama è andato oltre le nostre previsioni. Noi immaginavamo che Obama cercasse una via per imporre il proprio volere ma che lo facesse, sì duramente, ma in maniera progressiva. Invece il presidente americano ha immediatamente usato il Potere Esecutivo per attuare una controversa, e non condivisa dal Congresso, riforma dell’immigrazione e da Las Vegas ha tuonato “Non mi arrenderò mai!”. È forse il presidente americano in guerra? A chi non si arrenderà mai Obama? Non si arrenderà alla maggioranza repubblicana del Congresso, oppure egli non vuole arrendersi alla Democrazia e alle sue regole? Quelle regole che egli ha utilizzato legittimamente da quando è stato eletto e che ora cerca di distorcere o di ignorare per perseguire le sue idee di cambiamento dell’America anche se esse non rispecchiano più, ne la volontà del paese, ne la volontà del Congresso vero protagonista della Repubblica Americana.
La nostra impressione è che colui che ora abita al numero 1600 di Pennsylvania Avenue non si senta più inquilino della Casa Bianca, ma proprietario della stessa e della Nazione Americana.
Se la nostra impressione risulterà corretta molti non tarderanno a definirlo imperatore invece di presidente, e l’imperatore è il primo avversario, per non dire nemico, di una democrazia.
Il Congresso, tutto il Congresso americano, a nostro avviso una delle istituzioni più alte della democrazia e della libertà a livello mondiale, non permetterà a questo presidente derive liberticide anche a costo di uno scontro istituzionale, uno scontro che però a nostro avviso non avverrà sulla riforma dell’immigrazione, in quanto se ció avvenisse l’America potrebbe trovarsi a fronteggiare rivolte diffuse con violenze senza precedenti, e i repubblicani regalerebbero tutti i voti degli immigrati, ispanici in particolare, ad Obama (ad Obama non ai democratici).
Pensiamo quindi che il congresso non cercherà la messa in stato di accusa del presidente americano sulla riforma dell’immigrazione, ma se Obama tenterà di evitare il confronto con il congresso su leggi riguardanti: le spese militari, la cittadinanza, la postura americana nei confronti degli alleati storici (Arabia Saudita, Giappone, Corea, Israele…), oppure tenterà di tessere accordi segreti con i nemici degli USA il congresso non esiterà a chiedere la messa in stato di accusa di Obama, accusandolo di abuso di potere, e di attentato alla costituzione repubblicana.
A nostro avviso il presidente americano non si fermerà alla riforma dell’immigrazione e userà il suo potere esecutivo ogni volta che il Congresso la penserà differentemente da lui sulle questioni chiave che determinano la stessa essenza dell’America. Conseguentemente è altamente probabile che, se Obama seguirà lo schema comportamentale da noi immaginato, nei prossimi sei/nove mesi venga chiesto l’ impeachment per presidente americano.
Lasciamo voi amici lettori, ed anche il presidente americano, con una citazione di un suo predecessore di cui oggi ricorre l’anniversario della morte.
“Quando il potere porta l’uomo verso l’arroganza, la poesia gli ricorda i suoi limiti” JF Kennedy.