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Golpe in Turchia “un dono di Dio” per Erdogan

Geopolitica

Venerdì notte vi abbiamo raccontato in diretta, quasi in tempo reale, l’evoluzione del fallito colpo di stato in Turchia. Utilizzando le fonti aperte vi abbiamo informato riguardo a fatti difficilmente reperibili sui media tradizionali ed ora è il momento di una breve analisi della situazione attuale della Turchia “democratica”.
Il Colpo di Stato fallito, comunque modificherà l’assetto nazionale della Turchia e sarà proprio il colpo di stato tentato che inciderà in maniera netta sull’evoluzione delle Turchia nel panorama geopolitico internazionale. In primo luogo appaiono alterati i rapporti di fiducia tra Ankara e i suoi alleati. Il partito di governo in Turchia, il partito del presidente Erdogan, ha esplicitamente accusato gli Stati Uniti, principale alleato di Ankara nella regione, di essere corresponsabili del tentato Golpe. Alcuni esponenti di secondo piano hanno accusato gli americani di aver rifornito in volo gli aerei dei Golpisti, mentre lo stesso primo ministro è andato oltre, accusando del Golpe un ex alleato di Erdogan, l’imam Fethullah Gülen, da oltre 10 anni esiliato in America, ma che mantiene in Turchia un folto gruppo di sostenitori. Il Primo Ministro turco ha inoltre aggiunto che chi ospita Gülen non può essere un amico della Turchia, frasi alle quali ha risposto il Segretario di Stato Usa Kerry, dicendo che se Erdogan vuole usare il tentato golpe per erodere i diritti democratici, sarà questa una grande sfida per le relazioni tra USA e Turchia.
Questa presa di posizione allontana quindi la Turchia dagli Stati Uniti, fatto che non significa la fine della storica alleanza tra le due nazioni, e nemmeno che ora la Turchia si getterà tra le braccia della Russia di Putin. Certo è che ora Erdogan dovrà attentamente scegliersi i propri alleati e valutare di chi si può fidare in un Medio Oriente gettato nel caos della politica estera dell’amministrazione Obama. Al momento la scelta più probabile è che in campo internazionale la Turchia mantenga una certa equidistanza dai blocchi attualmente esistenti cercando di diventare un polo di attrazione per le masse arabe sunnite della regione.
Certamente questo colpo di stato fallito in terra di Turchia influenzerà, a nostro avviso in maniera significativa, anche la psicologia del presidente turco Erdogan. Egli in pochi minuti ha osservato collassare il proprio potere, temere per il suo progetto politico, sentire la propria vita in pericolo, e poi scoprire quanto sia forte il binomio AKP (il partito di Erdogan) e Islam. E’ stato proprio questo legame tra il partito e la religione la forza di Erdogan nella notte del 15 luglio, un legame per Erdogan ha assunto il carattere della stessa espressione della volontà Allah. Erdogan infatti ha affermato, una volta certo di avere nuovamente il potere nelle sue mani, che “Questo Colpo di Stato fallito è un dono di Allah”. Un Dono di Allah per il suo predestinato aggiungiamo noi. Ora Erdogan, da un punto di vista psicologico, si sente invulnerabile perché al suo fianco ha Dio. Quel “Got mia Uns” che caratterizzò le fede Nazista, e che da sempre pervade gli uomini che hanno scampato il disastro e da quel disastro sono risorti più forti e risoluti.Inoltre Erdogan ha capito che al suo fianco non c’è solo Allah, ma c’è tutto l’apparato religioso sunnita, ogni moschea, ogni minareto sono stati infatti la sua voce mentre le TV e i canali di informazione classica erano nelle mani dei golpisti. Ma al suo fianco Erdogan sente anche una moltitudine di popolo, pronta a seguirlo ovunque e a morire per lui e per il credo nell’accoppiata stato-religione. Ieri notte la folle gridava “Erdogan, Erdogan, poi Allah è Grande, poi Morte ai Golpisti Traditori”, mentre la parola Guerra Santa risuonava dai minareti. Questo insieme di fattori riscriverà le caratteristiche di pensiero di Erdogan, lo renderà più deciso, forse aggressivo, più diretto e meno diplomatico e più propeso ad usare la forza quando si sentirà in difficoltà, infatti chi ha Dio al suo fianco può osare ogni cosa, anzi deve osare ogni cosa per compiacere il volere di Dio, un volere che agli occhi di Erdogan oggi è quello di vedere risorgere il sultanato della Turchia, non solo nella teoria degli ideologi di partito ma nei fatti della vita quotidiana.
In sintesi questo colpo di stato fallito ci consegna un Recep T. Erdogan motivato a ripristinare in Turchia le fondamenta di uno stato dove politica e religione si fondono in un apparato di controllo unitario, dove le minoranze non turche verranno messe ai margini della società, così come sarà per tutti coloro che minacciano il progetto neo-ottomano del partito AKP, un progetto che procedete senza ostacoli del 1999 e che grazie a questo colpo di stato, grazie a questo “dono di Dio” brucerà le tappe verso quel presidenzialismo estremo da sempre obiettivo, insieme ad una islamizzazione dello stato laico, delle riforme di Erdogan.