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Guerra in Ucraina i ribelli in difficoltà si rischia una nuova Sarajevo. Putin forse pronto ad intervenire

Donbass

La guerra in Ucraina orientale sta costando cara, carissima, ad entrambi gli schieramenti, questo è un dato di fatto. Ambedue le parti hanno sofferto gravi perdite, reparti intrappolati a causa delle azioni nemiche, reparti sotto il fuoco delle artiglierie nemiche, che non sapevano dove rifugiarsi e subito disfatte che hanno modificato profondamente i piani pensati dai rispettivi strateghi. In questa situazione di caos sono però le truppe di Kiev, nonostante circa 5000 uomini siano intrappolati nella ormai famosa “sacca del Donbass’, ad avanzare ogni giorno ed a erodere, in particolare grazie alla superiorità aerea e all’uso delle artiglierie, i territori sotto il controllo degli indipendentisti.
Gli indipendentisti ormai controllano solamente le due città principali del Donbass (Lugansk e Donestk), nonché uno stretto corridoio che unisce le dette città. Vista la situazione sul campo, il continuo arrivo di rinforzi ucraini, non compensato in maniera efficace dal rifornimento di armi e uomini che giungono regolarmente dal territorio russo, è estremamente probabile che presto la battaglia si sposti nelle aree maggiormente urbanizzate e popolate delle due città roccaforti dei separatisti. L’Ucraina continua a ripristinare a ritmo serrato molti mezzi militari della propria riserva, così come continua l’addestramento di nuovi battaglioni che affluiscono rapidamente nella parte orientale del paese.
In queste condizioni l’inizio della battaglia urbana a Donetsk e Lugansk è solo una questione di tempo. Quando ciò avverrà assisteremo al ripetersi delle drammatiche immagini di una città assediata, una città dove nessun luogo sarà sicuro e dove i civili subiranno sorte peggiore degli stessi militari. Siamo ragionevolmente convinti che le truppe di Kiev non si limiteranno ad assediare le città, ma tenteranno di prenderle rapidamente. L’arrivo dell’inverno comporterebbe gravi problemi logistici per le truppe di Kiev e contestualmente aumenterebbe il potere di pressione diplomatica, economica ed energetica della Russia nei confronti dell’Europa, sempre più dipendente dal gas russo man mano che il calendario ci avvicina all’inverno. In questa condizione di assedio e, successivamente, guerra in ambienti urbani così vasti e densamente popolati la morte a Donetsk e Lugansk non arriverebbe solo dalle armi, ma anche dalle carenze di cibo, medicine e generi di prima necessità che già scarseggiano nel Donbass in guerra.
Questa condizione di privazione dei beni fondamentali, e le successive sofferenze della popolazione russofona dell’est Ucraina, espone la Russia e, in particolare, il suo presidente Putin alla disapprovazione da parte dell’opinione pubblica, disapprovazione che potrebbe montare ancor di più se queste sofferenze e queste privazioni sì rilevassero inutili e Kiev riprendesse il controllo integrale del Donbass. Per questi motivi la Russia preme per una missione umanitaria che possa rifornire di generi di prima necessità le città principali del Donbass, ed è per questo motivo che ieri sera la Federazione Russa ha chiesto una riunione urgente del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.
Una riunione durante la quale Mosca ha chiesto, ma non ottenuto, il sostegno ad una missione guidata dalle Nazioni Unite per portare cibo e medicine agli abitanti di Lugansk e Donestk. La discussione alle Nazioni Unite ieri sera è stata aspra, con accuse fortissime di Stati Uniti, Lituania e Gran Bretagna alla Russia. Una Russia che al termine della discussione ha replicato, per bocca del suo ambasciatore Vitaly Churkin, il quale tra le righe ha fatto intendere che se le Nazioni Unite non coordineranno una tale iniziativa umanitaria, sarà Mosca ad agire in prima persona, con convogli che passeranno la frontiera tra Russia e Ucraina e arriveranno nelle città assediate.
Già un mese fa abbiamo visionato filmati che ritraevano convogli di camion civili, interamente dipinti di bianco e con equipaggi apparentemente formati da coppie di militari disarmati, convogli che presto potrebbero partire, sotto i riflettori e le telecamere delle televisioni russe per le città assediate. A quel punto la scelta di una ulteriore escalation sarà nelle mani di Kiev che dovrà scegliere se lasciar passere i camion dei convogli russi o cercare di fermarli. Se l’Ucraina li dovesse fermare è praticamente certo che le Russia invii i successivi convogli scortati da un adeguato dispositivo militare, un dispositivo che potrebbe impiegare mezzi blindati per il trasporto truppe che abbiamo osservato ai confini ucraini nei giorni scorsi e che recano sui mezzi una scritta gialla si fondo azzurro composta dalle lettere MC.
È probabile, però, che questo passo segni il coinvolgimento diretto di una Russia riluttante a questa mossa. Tuttavia l’opzione militare è a disposizione del presidente Putin. Le forze russe hanno accumulato circa 20/24000 uomini lungo la frontiera tra Russia ed Ucraina, spostato grazie alle esercitazioni in atto in questi giorni (termineranno il giorno 8) decine di jet militari ed elicotteri da combattimento; inoltre bisogna ricordare che al confine tra Crimea e Russia sarebbero presenti altri 20000 uomini delle forze armate russe.
Un dispositivo militare sufficiente a prendere il controllo del Donbass, della regione di Kharkov e dell’area litoranea tra la Russia e la penisola di Crimea. Un dispositivo però non in grado di assicurare che nazioni molto vicine all’Ucraina come Polonia e Stati Uniti non accorrano in difesa di Kiev dando luogo ad una escalation di gran lunga più pericolosa di quella in atto ora tra Ucraina e Russia. Una escalation che riporterebbe il mondo alle settimane più tese della Guerra Fredda, una escalation che nessuno, noi per primi, vuole vedere. La Russia non lascerà cadere il Donbass, questa è la nostra idea. La Russia cercherà di supportare la popolazione civile russofona con aiuti umanitari ormai non procrastinabili.
La Russia, se verrà fermata, è pronta alla guerra.
Questa è la nostra idea.