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Sorgono barricate al Cairo l’esercito interverrà duramente

Barricate al Cairo Sorgono barricate nei quartieri controllati dalla fratellanza mussulmana, veri e propri check point che controllano il flusso delle persone nel cuore di Nasr City e nel quartiere di Giza. Sebbene il fenomeno sia ancora sporadico, come ci riferiscono fonti in loco, è proprio questa iniziale organizzazione, che mira a sostituirsi allo stato, che potrebbe aver spinto il Generale El Sisi a lanciare un ultimatum agli oppositori dei militari.
La nascita di piccoli nuclei urbani dove la legge e l’autorità dello stato non viene riconosciuta può essere il nucleo embrionale di un confronto armato tra le due fazioni, quella laica e quella religiosa. Un confronto rimandato per molti anni, evitato durante il governo di Mubarak dalla dura repressione contro i Fratelli Mussulamni e dal doppio filo che legava potere politico e militari, entrambi espressione dello stesso mondo.
Dopo la discussa vittoria elettorale di Morsi, la Fratellanza aveva iniziato un percorso di profonda modifica dello stato e delle forze armate, un percorso che avrebbe portato i militari a non ricoprire più alcun ruolo politico e avrebbe probabilmente condotto l’Egitto in un confronto armato nella regione, prima in Siria, poi contro lo stato di Israele.
L’esercito egiziano, contro la volontà dell’Europa e degli Stati Uniti d’America e con il determinante appoggio della monarchia saudita, ha bloccato i progetti della Fratellanza, essendo comunque ben consapevole che i Fraelli Musslumani non si sarebbero arresi e che un confronto violento sarebbe stato quasi inevitabile. L’esplicito appoggio dell’amministrazione americana nei confronti di Morsi e della Fratellanza ha dato molto coraggio ai leader del partito così come ha dato coraggio a decine di migliaia di militanti, in particolare a quel gruppo che crede nella lotta armata come mezzo di potere.
E sono proprio questi gruppi che si stanno organizzando per far nascere delle micro entità urbane, che non vogliono riconoscere l’autorità dell’attuale presidente.
Dentro queste aree, se arrivassero armi in quantità significative, potrebbero sorgere milizie paramilitari pronte a difendere i confini di questi piccoli stati nello stato.
Il tempismo sarà determinante nell’esito della crisi democratica in Egitto, il tempismo dell’intervento dei militari farà la differenza tra un futuro Egitto democratico e una sanguinosa guerra civile, perché ormai l’intervento dell’esercito non è solo altamente probabile ma è ormai indispensabile per impedire sia la guerra civile sia, nel caso del ritorno al potere della Fratellanza, l’instaurarsi di una dittatura guidata da Morsi che proietterebbe l’Egitto in un baratro di violenza e guerre.
È anche per questi motivi che la posizione americana appare irrazionale, sebbene Washington abbia da cinque anni fatto moltissimi sforzi per portare la Fratellanza al governo in Egitto. Capire la motivazione prima di questa scelta stategica ci permetterebbe ci prevedere con buona accuratezza la prossime mosse degli Stati Uniti, attore sempre fondamentale nella geopolitica mondiale e mediorientale.
Purtroppo non siamo riusciti ancora a formulare uno scenario realistico che possa giustificare questa scelta.