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Cacciatorpediniere americano pattuglia vicino alle isole artificiali cinesi. Tensione tra Washignton e Pechino

È di nuovo alta tensione nel Pacifico Occienetale dopo che la Cina ha ignorato gli avvertimenti americani di fermare le rivendicazioni territoriali su atolli semisommersi che con enormi lavori ingegneristici sono stati trasformati in isole artificiali, due delle quali dotate presto di una pista di decollo capace di gestire operazioni di caccia cinesi.
Poche ore fa un cacciatorpediere americano, lo USS Lassen, sfidando le rivendicazioni cinesi sulle nuove isole artificiali, e sulle 12 miglia di mare intorno ad esse, ha fatto rotta verso il reef corallino arrivando a 11 miglia della maggiore delle isole artificiali cinesi. La nave americana è scortata da aerei per il pattugliamento marittimo e di sorveglianza elettronica. Il pattugliamento dello USS Lassen, nel momento in cui scriviamo questo post, è già terminato senza incidenti con i cinesi. Pechino tuttavia ha emesso comunicati ufficiali molto duri nei confronti degli americani e del loro pattugliamento entro le 12 miglia dal’isolotto artificiale cinese. Pechino ha accusato gli Stati Uniti di essere “provocativi” e di voler difendere, senza elaborare oltre, l’interesse nazionale nel Pacifico Occidentale. 

Sebbene si sia dato ampia risonanza a questo pattugliamento esso rappresenta oggi solo un passo formale che non mette in discussione ancora i progetti cinesi di espansione nel Pacifico Occidentale. Il nostro gruppo ritiene la mossa degli USA maggiormente orientata a rassicurare gli “alleati” della regione (in primis il Giappone e l’Australia) piuttosto che un’azione mirata ad ostacolare Pechino, che nonostante i pattugliamenti americani continua e continuerà la sua opera di ingeneria atta a stabilire basi militari in un’area contesa del Pacifico Occidentale.
Riteniamo che fino al completamento e alla piena operatività delle basi in questione la Cina reagirà solo a parole agli sterili pattugliamenti americani. Definiamo sterili i pattugliamenti americani perché non si riesce ad individuare un fine strategico di queste azioni navali se non uno scopo prettamente politico. Esisite infatti una sostanziale differenza tra gli Stati Uniti di Obama e la Cina odierna. La Cina compie pochi atti formali e molti atti reali, gli USA compiono molteplici atti formali che però non impattano sull’evolversi e il mutare degli equilibri strategici e geopolitici mondiali.
Alcuni “alleati” americani hanno notato questo schema comportamentale della Casa Bianca e, soprattuto il Giappone, hanno preso coscienza che se la prossima corsa alla Casa Bianca fosse vinta da un discepolo della politica obamiana (Hillay Clinton inclusa), la mossa americana mira a nostro avviso a rasserenare tali alleati.
Ma il Giappone, e questo Geopoliticalcenter lo sa per averlo appreso direttamente da rappresentanti ufficiali del governo giapponese, non ha intenzione di attendere speranzoso le mosse del govenro americano e farà wuanto in suo potere per limitare l’egemonia cinese nel Pacifico Occidentale, sia politicamente, sia diplomaticamente, sia militarrmente. Gli Stati Uniti, oggi, non devono più cercàre di tranquillizzare il Giappone per poi non agire nel momento decisivo. Se alla prossima escalation tra Giappone e Cina, politica, diplomatica o militare che dovesse essere, gli Stati Uniti dovessero lasciare solo Tokyo, l’America di Obama dopo Israele, le Monarchie Sunnite del Golfo, la Germania perderà il suo più prezioso alleato in Asia: il Giappone.
C’è molto più che un Cacciatorpediniere americano che naviga nel Pacifico Occidnetale ma l’intera strategia geopolitica degli Stati Uniti, della Cina e del Giappone.