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La misteriosa ingegneria finanziaria europea

L’Europa è da anni ormai sull’orlo di una crisi di stampo giapponese. Tuttavia, al contrario dei giapponesi, noi europei abbiamo cercato di uscire dalla crisi dando priorità assoluta ai parametri finanziari e bancari. Solidità e salvezza delle banche più una dose massiccia di austerità. Un giorno, poi ci si sveglia con la disoccupazione alle stelle e i consumi privati ai minimi. E ci si accorge che l’economia reale, trattata da Cenerentola, è lì che non perdona. Dunque arriva Juncker con una idea “innovativa”: stimoliamo l’economia reale con un ambizioso piano di investimenti in infrastrutture. E in tempi rapidissimi. Per ambizioso diciamo che si sta parlando di 315 miliardi di euro (ma ci sono opere da costruire per ben poi miliardi). Insomma i. Europa di cose da costruire ce ne sono parecchie (intendiamo infrastrutture). Ma qui viene il bello. La UE sborserebbe soltanto 21 miliardi, il resto comparirà grazie alla leva finanziaria. Ovvero grazie agli investimenti privati. Ed ecco che ricompare la tanto incomprensibile ingegneria finanziaria che ha portato con qui l’Europa. Intendiamoci, il fatto di coinvolgere i privati è positivo. Anche Lo schema di voler garantire i progetti tramite soldi pubblici è condivisibile (i privati si sentono più protetti in questo caso). Ma i problemi sono di due ordini: il primo è che la copertura è troppo bassa a nostro avviso. In secondo luogo la volontà di attivare subito i 300 miliardi di leva potrebbe portare a qualche investimento cattivo che di conseguenza verrebbe coperto dal fondo UE, in ultima analisi, dai nostri soldi. L’idea di Juncker è dunque tutt’altro che errata, ciò che non condividiamo è l’utilizzo reiterato di strumenti di ingegneria finanziaria per risolvere una questione di investimenti reali. Quanto soldi sono stati utilizzati per le banche europee? Perché voler investire solo 21 miliardi per l’economia reale?