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L’Egitto ultimo baluardo contro lo Stato Islamico

Bandiera egiziana

L’Egitto ultimo baluardo contro lo Stato Islamico

Iniziamo questo post con alcune considerazioni riguardanti i traguardi raggiunti in questi mesi dallo Stato Islamico (IS), e dagli obiettivi a medio e lungo termine degli islamisti. In primo luogo dobbiamo evidenziare che IS ha instaurato una economia di sussistenza funzionale nel nord dell’Irak e nei territori della Siria sotto il suo controllo, una economia che consente scambi commerciali con i vicini (anche belligeranti) e che permette di pagare il salario mensile ai combattenti e ai “funzionari statali”. Parliamo di funzionari statali perché IS ha instaurato un sistema governativo di base ed amministra anche la giustizia nelle città e nei territori da esso controllati.
L’ IS non si accontenta di gestire un’area, seppur vasta, Iraq-Siria. Lo Stato islamico semplicemente non può accontentarsi di quell’area. Se IS non riuscirà a trovare altre entità nazionali disposte a instaurare una economia comune, e se lo Stato islamico non riuscirà ad ottenere l’accesso al mare, il progetto del califfato globale sarà irrealizzabile.
Per questo motivo, a nostro avviso, uno degli obiettivi a medio termine del califfato è raggiungere il mare. E il mare preferibile nell’ottica espansionistica degli islamisti è il Mediterraneo. Senza l’accesso al mare gli scambi commerciali, militari e umani dello Stato islamico dipendono comunque dai paesi confinanti, che possono quindi esercitare un forte potere di controllo su detti spostamenti. Per raggiungere il Mediterraneo lo Stato islamico punta, evidentemente, alla costa della Siria. Dalla costa siriana il califfato potrebbe iniziare ad intraprendere scambi di vario tipo con nazioni della ricca africa settentrionale ora dilaniate dalla guerra (come ad esempio la Libia), cercare di infiltrare uomini ed armamenti lungo la costa orientale egiziana, tentare di raggiungere con piccoli drappelli la stessa costa della striscia di Gaza.
Lo Stato islamico si troverebbe però dinnanzi un nemico arabo estremamente motivato, sia dal punto di vista culturale sia dal punto di vista Strategico. Questo paese è l’Egitto. Lo stesso Egitto che se fosse ancora sotto il governo della fratellanza musulmana non esiterebbe a fornire il suo appoggio al califfato. Ma oggi l’Egitto è l’Egitto dei militari, L’Egitto dei laici, Egitto che combatte su due fronti: confronto interno, rappresentato dalle formazioni terroristiche che operano nel Sinai, e un fronte esterno, e cioè le informazioni che si rifanno al califfato che ha preso possesso di importanti parti della Libia orientale, come ad esempio la città di Derna.
L’Egitto, rappresenta quindi oggi il vero argine del mondo laico contro l’avanzata degli integralisti. L’Egitto abbandonato dagli stati uniti guidati da Obama nella sua lotta per la sopravvivenza. L’Egitto presenta la pietra angolare del Medioriente Arabo e nordafricano allo stesso tempo. Fino a quando la leadership egiziana avrà la forza per contrastare gli islamisti l’Europa, la nostra Europa, non potrà essere minacciata direttamente da movimenti organizzati. Fino a quando l’Egitto avrà la forza di combattere solo piccoli gruppi potranno organizzarsi per colpire l’occidente, ma se l’Egitto venisse sconfitto tutto il Nord Africa diventerebbe terra di conquista per l’estremismo e la sponda sud del mediterraneo diventerebbe una base logistica per pirateria e terrorismo in grado di destabilizzare l’intero bacino del Mare Nostrum.
Per ognuna di queste ragioni l’Egitto deve essere aiutato, non abbandonato, deve essere sostenuto non criticato, e la nazione egiziana inclusa in programmi di supporto economico, inclusione politica e cooperazione militare.
In alternativa, il successore del presidente Morsi, il presidente El Sisi si rivolgerà unicamente ai sostenitori del Golfo e ad essi dovrà poi fedeltà nello scacchiere geopolitico. Una opzione che l’Europa e l’Italia non possono permettersi.