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L’impero ( Cinese ) colpisce ancora.

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In un documentario trasmesso qualche tempo fa dalla BBC, l’ambasciatore cinese in Brasile ammise candidamente l’intenzione della Cina di divenire il centro produttivo mondiale. Di qualsiasi bene di consumo. Niente di illegale, intendiamoci. Ma alquanto grave per il resto del mondo. E per perseguire tale scopo, l’impero cinese sta cercando di accaparrarsi, in tutto il mondo, le materie prime di cui necessita.Un esempio: in Brasile le autorità cinesi investono milioni di dollari nelle costruzioni e nelle ristrutturazioni portuali per far accedere le loro navi cargo. Le quali tornano in Cina cariche di minerale ferroso di cui il Brasile è ricchissimo. E di cui la Cina ha fame enorme. È necessario specificare che il capo di un qualsiasi impianto cinese a caso installato in una qualsiasi parte del mondo è solo un manager. Il proprietario rimane il governo cinese. Fred Pearce su New Scientist del 28 Aprile scorso, ha messo l’accento su una delle materie prime più importanti. O meglio, la più importante: l’acqua.L’altopiano tibetano è la sorgente di una manciata di fiumi che hanno la particolarità di essere tra i più lunghi al mondo ed, essendo tali, attraversano diversi Stati. La Cina sembra volersi arrogare il diritto di sfruttarli in maniera pressoché esclusiva data la sua posizione.Uno dei progetti in corso di realizzazione consiste nella costruzione di due impianti idroelettrici e nel dirottamento del 40% del flusso delle acque del Brahmaputra per irrigazione. Se la questione rimanesse nell’ambito del mero disastro ecologico che ne deriverebbe, analogamente alle opere ordinate da Stalin che stanno portando lentamente ma inesorabilmente al prosciugamento del mare d’Aral, sarebbe poca cosa. Purtroppo, anche l’India ha interesse allo sfruttamento del fiume. Sommando i flussi tolti al corso naturale da entrambi i Paesi, al Bangladesh, il quale fa affidamento sulle acque del fiume specialmente durante la stagione secca, rimarrebbe ben poco.Causa di contrasto tra Cina ed India è anche la costruzione della diga Bunji situata a circa 600 km da Islamabad al confine settentrionale del Pakistan, territorio che l’India reclama come suo.Il lettore non avrà certo difficoltà a capire i possibili scenari delineabili e le loro conseguenze, dato che tali contrasti interessano qualche miliardo di abitanti del pianeta, e, cosa da non sottovalutare, potenze con arsenali nucleari a disposizione.

Sempre con riferimento all’acqua, Leithen Francis in Aviation Week & Space Technology del 17 Ottobre 2011, ci racconta di come la Cina stia destando non pochi “malumori” in Vietnam e nelle Filippine per la sua ingombrante presenza nel Mar Cinese Meridionale. Per ingombrante presenza si intendono sconfinamenti, spesso con mezzi military, negli spazi territoriali dei Paesi vicini. Tali malumori hanno portato il Vietnam a stringere accordi bilaterali con India, Filippine e, sorprendentemente, anche con gli USA per lo sviluppo della cooperazione militare. Anche il governo Filippino sta cercando di aumentare la sua dotazione militare e specialmente per il pattugliamento marino attraverso accordi con gli USA. È notizia recentissima l’ulteriore inasprimento causato da ripetuti sconfinamenti nel Mar Cinese Meridionale, specialmente nelle ultime settimane, da parte di alcuni pescherecci cinesi protetti da navi militari. Le conseguenze di tale inasprimento vanno dall’ordine del Centro Nazionale Cinese per il Turismo di sospensione i soggiorni nell’arcipelago, alle manifestazioni anti-cinesi a Manila e ad una consistente sequenza di ulteriori azioni di rappresaglia e dichiarazioni di fuoco da entrambe le parti.

Bisogna ammettere, comunque, che l’attività cinese nella dotazione delle necessarie infrastrutture per il perseguimento del suo scopo e, più in generale, nella difesa dei suoi interessi, desta una certa ammirazione. Specialmente in chi è abituato a discussioni politiche sterili alle quali consegue l’assenza di decisioni chiare ed univoche che conducono all’immobilità del sistema-Paese. O in chi mette a confronto le immagini di guerriglia urbana contro la costruzione di qualche decina di km di ferrovia con l’amara constatazione che il record mondiale per la lunghezza della linea ad alta velocità è detenuto dalla Cina con i suoi oltre 9600 km.

Fa deprimere la mappa mondiale tracciata dall’articolo “Material World”, apparso su Technology Review di luglio/agosto 2011, dell’estrazione dei terre-rare. Mi rivolgo a coloro i quali questo nome non dice granché: basta che diate un’occhiata, per citare solo pochi esempi, al vostro telefonino, computer, o alle turbine eoliche che, con la loro maestosa voluminosità ed inutilità, infestano il nostro territorio. Ebbene, il 97% della produzione mondiale di questi metalli avviene in Cina. Il monopolio a livello mondiale di quest’ultima è cosi ben consolidato che l’industria militare americana è costretta in una posizione di scacco dalla quale sta faticosamente uscendo grazie alla riapertura dell’attività estrattiva in USA, Canada ed Australia. Seguendo quanto scritto dal rapporto “Critical Rare Earths” dell’Agosto 2011, per i prossimi 3-4 anni la parte del leone la farà ancora la Cina. Successivamente, le miniere appena aperte parteciperanno maggiormente alla produzione. Non stupisce che l’Europa occidentale, nella succitata mappa, sia totalmente bianca con l’eccezione di Germania, Belgio e Finlandia per la loro produzione di selenio e indio. Fa, inoltre, una certa invidia notare nella lista dei porti container più attivi che, tra i primi dieci, sei sono in territorio cinese. Due soli porti europei, Rotterdam ed Amburgo, compaiono nella classifica dei primi venti. E la FED ha appena approvato la possibilità per la Industrial and Commercial Bank of China ed altre banche cinesi di acquisire una banche americane. E, infine, fanno particolare invidia gli sforzi cinesi anche nel campo energetico. Mentre da noi si ingaggiano gare nella perversa ottica della “decrescita felice” sul come consumare meno elettricità (al punto di apostrofare alcune imprese con l’insulto “energivore”), sul come produrla con mezzi insensatamente costosi ed inefficienti; mentre da noi si dibatte – spesso senza cognizione di causa – sugli incommensurabili danni sulla salute conseguenti la costruzione delle centrali nucleari e delle radiazioni, oltre il sopra menzionato sfruttamento dell’idroelettrico, la Cina installa reattori senza sosta. Invito il lettore a dare un’occhiata a questo sito della World Nuclear Association per una conferma.

Dopo i tanti anni che la Cina ha passato cercando di imitare noi -mondo occidentale, sarà (finalmente) arrivato il momento per noi di imitare la Cina?