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-SCENARIO- La Cina vittima dell’accordo tra USA e Iran -SCENARIO-

Fracking

Questo scenario vuole porre l’accento su un aspetto a nostro avviso non secondario dell’accordo sul nucleare iraniano firmato poche settimane fa dal gruppo dei 5+1 e dall’Iran.
L’accordo permetterà alla Repubblica Islamica Iraniana di tornare protagonista sul mercato mondiale del petrolio. L’Iran ha una capacità prosuttiva di un milione di barili di greggio al giorno, tuttavia le sanzioni degli ultimi anni hanno limitato l’attuale capacità estrattiva a circa 300000 barili giorno. Riteniamo che entro due anni l’Iran possa ritornare ai livelli produttivi antecedenti le sanzioni economiche. I maggiori clienti del petrolio iraniano saranno principalmente due: l’Europa e la Cina, con una fondamentale differenza e cioè che i consumi di greggio nel vecchio continente sono stabili, anzi in lieve contrazione, mentre i consumi cinesi sono in forte espansione. Gli Stati Uniti sono invece meritano un discorso a parte. Gli States infatti hanno due linee di approvvigionamento per quanto riguarda il greggio, e a seconda dei prezzi di mercato le percentuali di utilizzo dei due canali variano. In caso di prezzi bassi importano petrolio dalla regione del golfo, in caso di prezzi superiori ai 75/85 dollari possono contare su ampie riserve di greggio estraibile con la tecnica del Fracking.
Cosa accedrebbe quindi se tra alcuni anni l’Iran violasse l’accordo sul proprio programma atomico? È ragionevole pensare che assiteremo ad uno Strike rivolto contro le installazioni nucleari iraniane. Uno Strike guidato dagli Stati Uniti ma con il decisivo ed indispensabile supporto dell’Arabia Saudita. Se questo sarà lo scenario l’Iran non replicherà con una guerra totale contro il regno saudita, anche se avrebbe la capacità di eseguire una azione di terra attraversando l’Irak meridionale nei pressi di Bassora con le sue divisioni corazzate, ma con grande probabilità eseguirà un blocco navale dello Stretto di Hormuz. Un blocco che, anche con l’intervento diretto della flotta americana, potrebbe compromettere la via d’acqua per mesi. L’Iran dispone infatti di numerosi sistemi missilistici antinave che possono essere lanciati da mezzi ruotati, e quindi mobili, dispersi su centinaia di chilometri quadrati, fatto che renderebbe molto complessa la loro totale neutralizzazione.
In questo contesto, con lo Stretto di Hormuz chiuso alla navigazione la Cina subirebbe un colpo gravissimo, se non addirittura mortale, alla prorpia economia, mentre gli Stati Uniti potrebbero addirittura disporre di così tanto greggio da diventare i principali esportatori di petrolio.
Per fare ciò, tuttavia, è e sarà necessario, che nei mesi antecedenti la Crisi nel Golfo, la tensione salga gradualmente (e con essa il prezzo del petrolio), in modo tale che le compagnie americane che praticano il Fracking possano innalzare la loro produzione.
Come potete osservare in questo scenario una crisi con l’Iran, dopo un relativo periodo di stabilità, potrebbe regalare agli Stati Uniti un doppio successo. Una devastante crisi dell’economia cinese, e grandi profitti derivati dall’esportazione di greggio americano verso i propri “alleati” che avevano nei sauditi e nell’Iran i primari partner in campo energetico.
Sebbene questo post rappresenti uno scenario futuribile, le ipotesi qui espresse vanno tenute nella necessaria considezione, in quanto giustificherebbero la blanda opposizione del Congresso Americano ad un accordo Usa-Iran molto penalizzante per gli storici alleati di Washington (Israele ed Arabia Saudita fra tutti). Uno scenario che andrà tenuto a mente se il Congresso Americano abolirà il divieto di esportazione del Greggio Made in USA e se tra alcuni anni fioccheranno di nuovo le accuse di tradimento dei patti nei confronti dell’Iran…..

Photo Credit: Joshua Doubek commons wikimedia