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Armi chimiche siriane trasferite in Italia

Circa un mese fa l’Albania si era rifiutata di fungere da deposito per le armi chimiche del regime di Al Assad. Per contiguità geografica subito si era pensato all’Italia come alternativa alla destinazione albanese.
Ora, nell’imminenza dell’inizio delle operazioni in Siria, si sta facendo sempre più strada l’ipotesi che sia veramente l’Italia ad ospitare le armi chimiche siriane in attesa che esse vengano incenerite in acque internazionali del mediterraneo.
Armi chimiche siriane in ItaliaTra le località che potrebbero accogliere le armi chimiche sembra possa farsi strada l’ipotesi della Sardegna meridionale come destinazione finale del gas nervino in possesso della Siria.
L’alto numero di zone militari, di zone industriali dismesse e la capillare presenza di porti purtroppo e ribadiamo purtroppo, fa della Sardegna una possibile vittima di questa scelta che il governo italiano potrebbe accettare.
Si tratta di conservare sul territorio nazionale, e per un tempo non definito, sostanze venefiche dalla eccezionale tossicità.
Già immaginiamo i titoli dei giornali tedeschi :”tutti in vacanza in Italia tra sole e Sarin” e l’ineguagliabile pubblicità che sarà così fatta alla nostra industria turistica.
Portare le armi chimiche siriane in Italia è una follia, lo è dal punto di vista del ritorno di immagine, dei danni alla nostra industria turistica, ittica, e alimentare, oltre che un rischio evitabile per le popolazioni che si trovassero a breve distanza dai depositi temporanei.

Aggiornamento ore 20,00

Il ministro degli esteri italiano Bonino avrebbe dichiarato in maniera informale che le armi chimiche siriane saranno in Italia a metà gennaio. Ella non ha indicato il porto che fungerà da scalo per le due fregate norvegesi e danesi che trasporteranno gli agenti chimici più tossici come Sarin e Vx.

Aggiornamento del 19 dicembre 2013

Secondo le dichiarazioni del ministro Bonino la nave americana Cape Ray dovrebbe imbarcare tutte le armi chimiche di Al Assad e i precursori binari in un’unica sosta in porto, questo limiterebbe la presenza di queste sostanze sul suolo italiano a pochi giorni.
Non risulta ancora chiaro dove verranno stoccati e processati i residui del processo di idrolisi che secondo i protocolli americani dello STRATCOM vanno gestiti dal paese ospitante il porto logistico.