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Beffa IMU

Che i conti italiani siano disastrati non è una novità e di
conseguenza la logica osservazione è che ogni tipo di intervento
sia pressoché difficilissimo. Se a questo aggiungiamo una compagine
di governo senza una precisa strategia che vada oltre il breve /
brevissimo periodo, il pasticcio è servito. In queste ultime fasi
di definizione del testo della legge di stabilità (altrimenti
conosciuta come Legge Finanziaria), si stanno tirando le somme di
tagli ed interventi: una vera e propria fase di bilancio contabile.
Purtroppo però, come sempre accade in Italia tagliare una imposta o
una tassa significa praticamente aumentarne un’altra già esistente
o addirittura inventarne una nuova. E’ quanto sta accadendo con la
famigerata IMU, come tutti noi ben sappiamo entro la fine dell’anno
ogni cittadino proprietario di una prima casa dovrebbe
corrispondere la cosiddetta “seconda rata IMU” (essendo stata la
prima già abolita). Per scongiurare il pagamento di questa seconda
rata (in proporzione la più pesante tra le due), il governo ha
ingaggiato una vera e propria caccia ai margini contabili che però,
semplicemente, non esistono. O meglio, esisterebbero in un’ottica
di medio / lungo termine e di ristrutturazione intelligente della
spesa pubblica e di tante altre voci di bilancio delle quali si
parla almeno ogni giorno da 3 anni. Tanto per tranquillizzare
tutti, però, vale la pena sottolineare che su quel fronte (spesa
pubblica improduttiva, costi standard, centrale unica di acquisto)
nulla, ma proprio nulla, si muove. E quindi la soluzione italica al
problema è svuotare l’oceano con un secchiello bucato. A dicembre
la seconda rata IMU verrà abolita e per farlo, però, si è dovuto
intervenire sull’entità degli acconti fiscali di banche e
assicurazioni: aumentandoli si riuscirà a racimolare una cifra
quasi sufficiente a coprire il mancato introito IMU. Ed è su quel
“quasi” che è pronta una bella doccia fredda per gli italiani. La
prima valida motivazione risiede nel fatto che se la misura degli
acconti fiscali non fosse sufficiente (e lo si potrà capire nel
corso del 2015) è prevista una clausola di salvaguardia che farà
scattare automaticamente un aumento delle accise sui carburanti. La
mobilità degli italiani, ma anche delle merci, è vista come una
delle tante galline dalle uova d’oro. Sarebbe il caso di comunicare
al governo italiano il calo dei consumi di carburante e dei
chilometri complessivamente percorsi a vario titolo. A questo
aggiungiamo una riflessione: l’industria italiana e la rete di
distribuzione  hanno veramente bisogno di questo ulteriore
aggravio? Non è stata già sufficiente la batosta dell’IVA?
Evidentemente non c’è più il senso del limite. Ma non è finita qui.
C’è una seconda valida motivazione che ci fa temere in una doccia
fredda (nonché beffa) IMU. Questa è una imposta territoriale,
diventata di pertinenza dei singoli comuni, di conseguenza un
mancato introito agirebbe direttamente sui bilanci di questi
ultimi: è per questo motivo che lo stato centrale provvederà a
compensare i mancati introiti. Entra in gioco a questo punto un
tecnicismo piuttosto subdolo. Nella legge di stabilità è previsto
che le compensazioni saranno calcolate sulla base delle aliquote
2012, senza tenere conto che tra il 2012 e il 2013 moltissimi
comuni, grandi e piccoli, hanno portato le aliquote al massimo
consentito per legge, ovvero il 6 per mille. Ma c’è anche una
nutrita schiera di comuni che, pur non avendo applicato l’aliquota
massima, l’ha comunque aumentata nel corso del 2013. Tale
comportamento è stato incoraggiato, purtroppo, dalla crescente
consapevolezza che l’IMU sarebbe stata cancellata e avrebbe pagato
lo stato centrale. Sia come sia, tali aumenti eccedono l’aliquota
rimborsabile dallo stato e di conseguenza la domanda adesso è: “Chi
paga?”.  Noi dubbi non ne abbiamo. Voi? Photo credit: zak
mc
/ Foter.com / CC
BY-SA