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Libia per l’Italia esiste una sola strategia, ma a Roma nessuno riesce a vederla

Geopolitica

Esiste una sola strategia possibile per l’Italia dinanzi alla crisi in Libia, ma al governo nessuno pare prenderla in considerazione.
La strategia, nel suo termine corretto di obiettivo finalizzato all’interesse esclusivo della Nazione, è estremamente semplice: impedire che forze o nazioni ostili prendano il controllo del Nord Africa e nel particolare della Libia; se forze ostili o nazioni ostili dovessero guadagnare il controllo della Libia l’intera sicurezza nazionale italiana sarebbe compromessa, e credeteci non parliamo di immigrazione.
L’Italia oggi, come da sempre nella sua storia, risulta essere vulnerabile da nord, attraverso le alpi, e da sud attraverso il Mediterraneo. Non a caso nella seconda guerra mondiale il presupposto per l’invasione della penisola da parte degli anglo-americani fu proprio assumere il controllo della costa nordafricana.
Ma la costa nordafricana non è per noi solo un elemento cruciale della classica geopolitica per i suoi aspetti “militari”, la costa di Algeria, Tunisia e Libia rappresenta il luogo di origine di quella che oggi è la nostra primaria fonte di gas naturale. Far sì che una potenza ostile possa controllare questa porzione di territorio ci espone ad un nuovo potenziale ricatto in tema energetico. Se poi questa potenza ostile cercasse di imporre una Zona Esclusiva Marittima nel Mediterraneo che mettesse in contatto la costa libica con quella turca il ricatto sarebbe completo, in quanto nessun gasdotto orientale potrebbe giungere in Italia e di converso nel Sud Europa senza la benedizione del governo in questione, o del Sultano in questione.
Roma, ed i decisori che oggi operano dal Governo della Repubblica, vedono questa strategia? Una cosa è certa: chi oggi governa la Turchia la comprende in maniera integrale e non è un caso che oggi, giorno di Natale, il Presidente turco Erdogan si sia recato senza preavviso e senza pubblicità a Tunisi, con al seguito il Ministro della Difesa, il Ministro degli Esteri, il capo dei Servizi Segreti, il ministro della Stampa e abbia avuto un colloquio con il governo islamista di Tunisi, retto dalla Fratellanza Mussulmana. Non è difficile comprendere che Erdogan stia organizzando un intervento militare complesso nella costa settentrionale africana e che abbia la necessità di ottenere il supporto logistico della Tunisia al fine di non dover esporre la sussistenza del suo corpo di spedizione in Libia al conflitto diretto, affidando alla Tunisia quello che è il ruolo di retroguardia dell’Egitto nelle operazione delle forze di Haftar. Simultaneamente proprio l’Egitto sta operando politicamente e diplomaticamente nei confronti dell’Algeria al fine di garantirsi l’appoggio di Algeri nel caso di una escalation militare in terra libica dopo l’intervento di Erdogan. Libia, Tunisia e Algeria, le fonti del nostro gas naturale “non russo”, diventano teatro di un conflitto regionale mentre il gas dei giacimenti Zohr e Leviathan rischia di subire le decisioni unilaterali turche riguardo al Mar Mediterraneo.
Roma ha quindi presente cosa accadrà se Erdogan dovesse avere successo? Roma ha altresì presente cosa accadrà se al contrario l’Egitto e gli Emirati dovessero prevalere in Libia? La nostra tattica nella questione libica è stata completamente fallimentare e oggi ci relega ad una funzione di mero osservatore o di passivo notaio dell’evoluzione della vicenda. Questa posizione di Roma mette quindi in concreto pericolo i nostri investimenti in Nord Africa, le nostre forniture di gas naturale a prezzi di mercato e senza possibili ricatti sul piano regionale, espone l’intero paese ad una minaccia militare lungo la frontiera meridionale. La nostra ignavia degli anni e dei mesi precedenti, la nostra totale impreparazione dinnanzi agli ultimi sviluppi della vicenda e la volontà di far affidamento unicamente su Mosca per ottenere un fantomatico cessate il fuoco che preservi lo status quo è una manifestazione naif della nostra politica estera. Restare legati agli accordi firmati ai tempi di Obama in Marocco circa 4 anni fa è una soluzione anacronistica e fuori tempo, non aver capito che il nostro alleato naturale era rappresentato dall’Egitto fu un drammatico errore, illudere Al-Serraj e la tribù di Misurata che nessuno li avrebbe toccati grazie alla nostra presenza è stata la pietra tombale della nostra capacità di deterrenza in Nord Africa.
Ma nessuno parlerà mai di Libia e di Nord Africa in questi termini perché l’opinione pubblica è concentrata solo sull’immigrazione incontrollata che oggi non rappresenta più (al momento, solo al momento) un reale problema per il nostro paese. Ricordatevi però che in caso di vittoria di Erdogan e dei nostri “alleati” islamisti, una massa mai vista di immigrati si riverserà sull’Italia, usati sia come arma di ricatto a breve termine, sia come mezzo per alterare i rapporti etnici e religiosi della società italiana, non sempre visto come un fattore negativo da una parte dell’arco politico e religioso italiano.
La tattica è un elemento funzionale alla strategia, quando parliamo di Libia e di Nord Africa ci sembra che chi ci governa non abbia idea della strategia nazionale riguardo alla Libia ma si arrabatti disordinatamente ed erraticamente tra alcune vie tattiche di fatto inconcludenti e finalizzate unicamente a non essere oggetto di critiche politiche interne nel breve periodo, questo purtroppo ci riserva l’attuale classe politica di questo paese.
Buon Natale.