A Teheran si decide il futuro della Siria, contro gli Usa
Qual è l’elemento che accomuna i tre leader che oggi si riuniscono a Teheran? La risposta è semplice: la volontà di escludere gli Stati Uniti da qualsiasi ruolo in Siria e limitarne l’influenza all’interno del Mediterraneo e nella strategica Mezzaluna Sciita sognata da Khomeini.
Iran, Russia e Turchia hanno sicuramente obiettivi diversi nella regione, così come differenti alleanze e priorità, ma la presenza di un “nemico comune”, che è identificato negli Stati Uniti, fa sì che queste differenze ad oggi non diventino tali da determinare fratture insanabili tra i tre paesi che si riuniscono nella capitale iraniana.
Gli Usa sono oggetto di un attacco concentrico, oggi verbale, che domani sarà fattuale, da parte della triplice alleanza Iran Russia e Turchia. Il terreno di scontro sarà la Siria, dove formalmente gli Stati Uniti non godono di nessuna copertura di diritto internazionale utile a giustificare la presenza delle sue truppe sul suolo che appartiene a Damasco.
La Russia nei giorni scorsi ha più volte ammonito gli Stati Uniti riguardo la presenza di un centinaio di militari americani nella regione di Al Tanf, crocevia strategico per connettere l’Iraq (e per contiguità territoriale l’Iran) alla Siria e al Mediterraneo.
In seguito al vertice di Teheran, se la Turchia accettasse di negare agli Usa l’utilizzo della base di Incirlik per operazioni di guerra, missili da crociera russi potrebbero prendere di mira Al Tanf per spezzare le difese dei ribelli sostenuti dagli americani, assumendosi il rischio, se non avendo la piena certezza, di procurare vittime tra i soldati di Washington.
Mentre tutti guardano a Idlib, che in effetti è oggi la porzione di Siria dove si sono concentrati tutti i ribelli ed i terroristi che hanno combattuto Al Assad in questi anni di guerra, la Russia potrebbe colpire ad Al Tanf.
La scelta di tempo per un attacco contro Al Tanf potrebbe però riguardare la situazione sul campo ad Idlib.
Gli Stati Uniti hanno più volte ricordato che nel caso di utilizzo di armi chimiche ad Idlib la risposta di Usa, GB e Francia non si farebbe attendere e sarebbe estremamente decisa. La Russia ha più volte replicato che sono gli stessi servizi segreti occidentali che starebbero preparando un attacco chimico ad Idlib per fornire agli Usa il casus belli contro Al Assad.
In questa situazione strategica vanno presi in considerazione diversi scenari, sia quelli che prevedono l’utilizzo di armi chimiche da parte degli stessi ribelli, sia quelli che considerino l’uso di questi agenti tossici da parte dei governativi siriani o dei loro alleati.
Sì, perché data l’attuale situazione nessuno può escludere che entrambe le parti sul terreno possano cedere alla tentazione di usare armi chimiche, ed ambedue potrebbero avere come fine quello di determinare un intervento armato americano contro la Siria.
Se così fosse, la stessa integrità fisica del leader siriano Al Assad sarebbe in pericolo, ma allo stesso tempo i russi avrebbero la strada spianata per attaccare dal cielo e dal mare (mediante i missili da crociera Kalibr) la base americana di Al Tanf e liberare la via che permetterà di connettere il Golfo Persico al Mediterraneo evitando i tre colli di bottiglia di Hormuz, Bab El Mandeb e Suez, rendendo di fatto privi di significato (in ottica di contenimento iraniano) le operazioni militari americane e saudite nella regione.
Tutto ciò però è subordinato ad un accordo tra i tre di Teheran. Alla luce di quanto enunciato l’accordo, se verrà trovato, potrebbe prevedere la possibilità per la Turchia di creare una fascia di sicurezza, presidiata dalle forze armate turche in territorio siriano, determinare la resa dei combattenti che fanno capo alla Turchia, in cambio di una sorta di amnistia da parte di Al Assad, evacuare possibilmente al di fuori della Turchia i combattenti stranieri (foreign fighters) presenti ad Idlib (naturalmente senza il nulla osta dei governi che vedranno il ritorno di pericolosi terroristi ben addestrati e messi alla prova da anni di guerra senza regole), l’impegno turco a bloccare l’utilizzo della base di Incirlik in caso di escalation militare, e l’assicurazione per Teheran riguardo alla presenza iraniana nella parte centrale e meridionale della Siria, in modo specifico nell’area contigua alla valle della Bekaa libanese.
Gli Stati Uniti ed Israele difficilmente potranno accettare di buon grado una soluzione di questo tipo a meno che Putin non abbia offerto a Washington e Gerusalemme una contropartita di estremo valore, che però comporterebbe di fatto il tradimento di uno dei due paesi oggi presenti insieme alla Russia al vertice di Teheran