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Verso un decoupling inflattivo tra le due sponde dell’Atlantico?

Verso un decoupling inflattivo tra le due sponde dell’Atlantico?

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Ospitiamo oggi il post di un amico che ogni tanto ci invia un suo elaborato a voi Giuseppe Masala

Nelle scienze economiche per decoupling s’intende la perdita (o la diminuzione) di correlazione tra variabili economiche. Un esempio emblematico di decoupling è stato quello verificatosi – in relazione alla variabile crescita economica – tra paesi occidentali e paesi Brics durante la crisi economica innescatasi nel 2008 con il crack di Wall Street: mentre i paesi occidentali hanno avuto mediamente una crescita anemica (costellata da alcune fasi di vera e propria recessione) i paesi Brics hanno continuato a crescere mediamente ad un ritmo abbastanza sostenuto.

I dati sull’inflazione degli Stati Uniti e dell’Unione Europea ci suggeriscono ora la possibilità che si verifichi un altro tipo di disaccoppiamento del tutto inaspettato dagli economisti: il disaccoppiamento dell’inflazione.

Negli Stati Uniti gli ultimi dati sull’inflazione suggeriscono una sua ripartenza a ritmi abbastanza forti: gli ultimi dati di Gennaio indicano nfatti un inflazione pari al 2% su base annua. Il cosiddetto tasso di inflazione core ovvero quello che esclude i componenti più volatili ovvero cibo ed energia risulta invece pari al 2,2%..
In Europa al contrario si sta inesorabilmente precipitando in una spirale deflattiva che non si ha certezza se sarà sconfitta dalle misure di politica monetaria implementate dalla BCE di Mario Draghi.
Infatti gli ultimi dati disponibili indicano che nell’eurozona a Febbraio l’inflazione è stata mediamente negativa per un tasso pari al -0,2%. La tendenza riguarda quasi tutti i maggiori paesi europei e va dal -0,9% della Spagna, al -0,2% della Francia, al -0,1% della Germania e dello -0,3% dell’Italia.

Una tendenza, quella europea, che non appare sbagliato definire come allarmante e dove – ad umile parere di chi scrive – l’elemento più preoccupante è proprio il disaccoppiamento del dato rispetto a quello degli USA.
Questa tendenza, qualora fosse confermata nei prossimi trimestri non potrà che portare ad un ovvio disaccoppiamento delle politiche monetarie tra Zona Euro e Stati Uniti, dove la BCE sarà impegnata in una impegnativa lotta contro la deflazione implementando poltiche monetarie, per forza di cose, accomodanti mentre dall’altro lato dell’Atlantico, qualora il trend dell’aumento dell’inflazione fosse confermato, non potremmo che assistere ad un aumento dei tassi d’interesse.

Una situazione di questo tipo non potrà che essere foriera di nuove sfide sotto diversi punti di vista:

1) Nei mercati finanziari si potrebbe assistere (ripeto, qualora ci fosse un aumento dei tassi in USA al quale corrisponda una politica accomodante nell’Eurozona) ad un ciclopico spostamento di capitali alla ricerca di rendimenti più alti dall’Europa verso gli USAi;
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3) Nei mercati valutari si potrebbe verificare un aumento del valore del Dollaro rispetto all’Euro con ovvie conseguenze anche sull’economia reale e segnatamente sulla dinamica delle importazioni e delle esportazioni tra le due sponde dell’Atlantico.

In definitiva, qualora questa situazione di disaccoppiamento della variabile inflazione fosse confermata assisteremo ad una situazione inedita che non mi pare azzardato dire come del tutto inaspettata dagli economisti e dai commentatori economici. Non rimane che sperare nella maggior preparazione dei nostri banchieri centrali.

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Comment(2)

  1. Devo ancora capire perchè “inflazione” e quindi aumento dei prezzi, sono visti come una cosa positiva.
    La cosa ha senso se vi è un aumento dei rendimenti finanziari e degli stipendi. Ma se l’aumento dei prezzi e delle tariffe non è accompagnato da questi ultimi…. (anzi, causato da questi ultimi).

  2. Premesso che ho grande stima per l’autore dell’articolo, non sono però del tutto d’accordo con le sue conclusioni. Primo, perché penso che questo disaccoppiamento sia solo temporaneo e dovuto alle diverse tempistiche e modalità dei QE europeo e statunitense. Secondo, perchè non é affatto scontato che questo disaccoppiamento implichi necessariamente rendimenti più alti negli USA rispetto all’Europa. Terzo, non riesco ad immaginare come un dollaro con inflazione al 2% possa aumentare il proprio valore rispetto ad un euro con inflazione a 0% o negativa. Probabilmente non sono abbastanza preparato in materia per capire su cosa si basino le conclusioni dell’autore. D’altra parte, l’autore potrebbe sforzarsi di argomentare e spiegare meglio le sue conclusioni.

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