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Le Monarchie del Golfo pagheranno i ribelli siriani

Le Monarchie del Golfo pagheranno i ribelli siriani

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Gli eserciti marciano sul loro stomaco, diceva Napoleone Bonaparte, oggi non solo gli eserciti marciano anche con un adeguato salario. In Siria le cose iniziano a mettersi male per il libero esercito siriano e la fine del regime di Assad per ora non si intravede. In una tale situazione le fila del libero esercito siriano iniziavano ad assottigliarsi, per impedire o perlomeno limitare tale fenomeno le monarchie del Golfo hanno annunciato che dai prossimi giorni ufficiali, soldati e “liberi combattenti” della fazione ribelle saranno pagati per il loro impegno tramite uno speciale fondo di 100 milioni di dollari istituito proprio dalle monarchie sunnite.

Questa decisione rappresenta il primo aiuto concreto alla ribellione contro Assad espresso in forma pubblica dopo un summit dedicato alla situazione in Siria. La decisione è stata presa durante il summit degli “amici della Siria ” che si è svolto domenica scorsa ad Istanbul. Nella stessa occasione i paesi occidentali e le monarchie sunnite del Golfo, con l’appoggio delle nazioni nord africane hanno dichiarato il consiglio delle opposizioni siriane unico rappresentante del popolo siriano riconosciuto dal consesso degli “amici della Siria”

La decisione delle monarchie del Golfo, frustrate dall’immobilismo americano sia nei confronti di Assad sia nei confronti dell’Iran, rischia però di alimentare un flusso di mercenari Jiadisti verso la Siria, Jiadisti provenienti sia dalle zone sunnite dell’Irak che dal nord Africa, Egitto e Libia in primis. La presenza di tali personaggi sul teatro siriano potrebbe rendere estremamente pericolosa la situazione nel caso tali milizie si impossessassero di una parte dell’arsenale chimico del regime di Damasco, nulla infatti assicura che una volta terminata la battaglia per Damasco questi guerriglieri tentino di trasferire le armi ad organizzazioni ancora più radicali in grado di pianificare attentati contro il nemico occidentale.

Anche per questo motivo il segretario di Stato americano Hillary Clinton ha ammonito il regime siriano che il tempo delle brutalità e dei bagni di sangue è finito. Tuttavia Assad è assolutamente conscio del fatto che fino al 14 aprile egli ha di fatto carta bianca per spezzare la ribellione visto che per accettare di sedersi al tavolo delle trattative il governo iraniano ha preteso la non ingerenza di occidente e sunniti nell’affair siriano.

Oggi si è levata da Tehran la voce di Gholam Reza Karami presidente della commissione parlamentare della difesa, che ha minacciato l’Arabia Saudita di non meglio specificate conseguenze se la monarchia sunnita proseguirà nel proprio intento di armare il Free Syrian Army. Reza Karami ha dichiarato che sulla base della propria dottrina difensiva l’Iran difenderà le nazioni che si pongono in prima linea nella lotta contro gli Stati Unitin ed Israele, e la Siria è sicuramente una di queste nazioni. Il presidente della commissione ha concluso dicendo :” l’Iran annuncia le sue politiche ufficialmente e poi le persegue con azioni concrete”. L’Iran anche se per bocca di esponenti non di vertice del regime, torna comunque a proporre quelle minacce categoriche che ricordano le minacce contro le portaerei americane lanciate nei primi giorni del 2012 e tornando di fatto ad alzare la temperatura delle acque del Golfo Persico.