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Fortress America la ritirata di Obama

Fortress America la ritirata di Obama

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Questo post è uscito su GPC il 12 maggio 2012. Ve lo riproponiamo vista la sua grande attualità.
Ormai è evidente la grande somiglianza tra la politica estera del presidente Wilson e del presidente Obama, che sta rinchiudendo se stesso e gli Stati Uniti nella “Fortezza America”.Tutti gli sforzi del presidente sembrano indirizzati ad un unico obiettivo garantire la sicurezza assoluta ai cittadini americani e lasciare che il resto del mondo se la veda con le proprie forze nel contrastare le nuove potenze regionali che perseguono progetti di egemonia. Come quella di Wilson la politica estera di Obama si basa su due grandi pilastri :

  • Il Disarmo
  • L’ Isolamento

Il disarmo viene inteso come la riduzione delle forze militari talmente importante da rendere impossibile la gestione di due conflitti maggiori simultaneamente e contemporaneamente alla riduzione massiccia degli armamenti atomici fino al loro bando internazionale, passando attraverso ad una fase intermedia che preveda il possesso di armi atomiche per i soli componenti permanenti del consiglio di sicurezza delle nazioni unite. Questo concetto di disarmo prevede la rinuncia delle armi atomiche da parte di paesi che basano oggi sulla deterrenza larga parte della loro politica di difesa, ci riferiamo all’India al Pakistan alla Corea del Nord e soprattutto ad Israele. Paesi che ben difficilmente rinunceranno a quella che ritengono una vera e propria “assicurazione sulla vita”.

L’isolamento è la precondizione più che la conseguenza del disarmo. In questi mesi infatti gli Stati Uniti perseguono programmi di difesa concepiti per la protezione della sola madrepatria. L’esempio più eclatante è il sistema di difesa antimissile multi-strato. Questo sistema si basa su tre componenti principali: i missili intercettori di “corsa intermedia”, pensati per intercettare i missili nemici in una fase precoce del volo quando le testate multiple non sono ancora separate dall’ultimo stadio del vettore, poi viene il sistema THAAD e SM-3 pensati per intercettare le singole testate prima del rientro in atmosfera o nelle prime fasi del volo atmosferico, successivamente entrano in gioco i missili Patriot PAC-3 e i laser tattici, per la difesa di bersagli specifici. Tutto il sistema così come pensato da Obama difende in modo corretto unicamente gli Stati Uniti lasciando gli alleati in una condizione di estrema vulnerabilità, inoltre le basi previste in Europa sarebbero facili vittime di un attacco portato con gli SS-26 Iskander Tender russi.

Questa strategia è comunque insidiosa perchè nel breve periodo, teoricamente, porta grandi vantaggi agli Stati Uniti. Teoricamente abbiamo detto perchè se è vero che nel primissimo periodo la riduzione delle spese militari faciliterà politiche rivolte al mercato interno ed al sociale, già dopo breve tempo gli alleati di un tempo potrebbero formare nuove alleanze più o meno palesi. Il mondo si muove molto più velocemente che negli anni 20 del novecento. Una nuova alleanza ad esempio potrebbe essere quella tra gli arabi sunniti del Golfo Persico e lo stato di Israele. Questo tipo di alleanze si formano contro un nemico comune e non per visione comune del sistema generale e sono estremamente pericolose per le fasi post belliche. Un esempio classico è l’alleanza degli Stati Uniti e dell’Unione Sovietica durante la seconda guerra mondiale, una alleanza contro un nemico comune e le basi per una “guerra fredda” durata 50 anni già evidenti prima della sconfitta tedesca.

In Europa potrebbero risvegliarsi istinti nazionalistici, mai definitivamente sopiti, ed acuiti dalla crisi economica, che vede oggi il continente europeo il malato più grave a livello mondiale, così come nel mediterraneo potrebbero esplodere le tensioni tra Grecia e Turchia per il controllo dei giacimenti di Gas e Petrolio prospicienti l’isola di Cipro. Due membri della NATO, che senza più la potenza americana a garantire per entrambi, potrebbero arrivare allo scontro militare segnando di fatto la fine dell’alleanza atlantica, alla quale entranbe le nazioni potrebbero chiedere un intervento in proprio favore. In uno scenario simile la NATO rischia di non decidere con chi schierarsi e di fatto di essere dilaniata da visioni profondamente diverse da parte dei membri stessi.

Un discorso diverso merita la regione del Pacifico dove Obama desidera mantenere una presenza militare politica ed economica significativa, altro parallelismo con le politiche americane successive alla prima guerra mondiale, politiche che portarono ad un inevitabile scontro tra gli Stati Uniti ed il Giappone per il controllo dell’Oceano Pacifico. Oggi la stessa situazione di scontro, che vide protagonisti Stati Uniti e Giappone, potrebbe accadere con un altro gigante asiatico al posto del Giappone imperiale del novecento, questo gigante come avrete già immaginato è la Cina.

In un tale scenario la “Fortezza America” immaginata da Obama potrebbe un giorno sentirsi minacciata ed accerchiata, ma a differenza del 1941 nessuna coalizione si formerebbe intorno agli Stati Uniti contro un nemico comune, e questo per una semplice ragione: il nemico comune, se Obama proseguisse il proprio progetto isolazionista vincendo le elezioni di novembre, questa volta sarebbero proprio gli Stati Uniti d’America.

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Comment(1)

  1. Splendido e realistico articolo, purtroppo, ripeto, cosa ci si può attendere come visione strategica da un avvocatuccio di Chicago ? Speriamo vada via presto e sopratutto non arrivi la sig.ra Clinton, quella per intenderci dell’ambasciatore americano a Bengasi. Che pena ! Reagan ed altri illustri si rivolteranno nella tonba !

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