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Agosto 2014 Fuga da Tripoli

Agosto 2014 Fuga da Tripoli

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Parafrasiamo il titolo del film “1997 fuga da New York”, e non a caso, in quanto la Libia in assenza di un rapido intervento straniero diventerà come la New York senza legge del film di John Carpenter del 1981. La Libia è già uno stato senza legge, la capitale Tripoli è contesa tra le milizie di Misurata e quelle di Zintan. Il parlamento, ormai senza potere, è costretto a riunirsi a Tobruk in quanto la vita stessa dei deputati nella capitale è a rischio.
A Tripoli bruciano gli aerei, i terminal dell’aeroporto, i depositi di carburante, la sanità è collassata, la polizia cambia padrone nel giro di una notte, l’esercito non ha una guida e gli ufficiali superiori cercano di diventare locali signori della guerra.
La situazione in Libia è drammatica, è drammatica per il popolo libico, sarà drammatica per il nostro paese, non tanto per la nostra dipendenza energetica (per questo impatterà molto di più la crisi Ucriana, se essa non verrà risolta) ma per la possibilità che sorga uno stato islamista, uno stato terrorista a due passi da casa, con la concreta probabilità che cellule Jihadiste possano infiltrarsi in Italia ed in Europa sfruttando la massa di disperati che a centinaia ogni giorno lasciamo le coste libiche e vengono portato in Europa dalla nostra marina militare.
La Libia a sud, così come l’Ucriana ad est, sono le due aree di maggiore crisi per il nostro paese, aree nelle quali il nostro paese deve cercare di avere parte attiva nella soluzione delle stesse, anche se questo andasse conto al “politicamente corretto” del momento.
La Libia, quel paese che potenzialmente poteva essere un partner di sviluppo per l’intero mediterraneo dopo l’azione franco-americana che ha determinato la caduta di Gheddafi si sta trasformando in un ghetto di violenza che attira combattenti dalla Siria e dall’Irak, pronti non appena conquistato il territorio libico a lanciare il loro attacco al cuore dell’Europa e mettendo in pericolo la stabilità di Egitto e Tunisia.
Lo ripetiamo ancora una volta: non intervenire oggi in Libia equivale a dover combattere una guerra ben più cara e sanguinosa un domani, non si può restare un minuto in più in attesa sperando che l’inviato di turno delle Nazioni Unite, invece di risolverla, peggiori la situazione.

Comment(4)

  1. Così come in tutte le cosa alla italiana, se non c’è prima il morto non si muove foglia. Aspettiamo di arrivare all’inverno quando finalmente si accorgeranno che dai rubinetti del gas non uscira una goccia. Nell’attesa ci stiamo occupando di cose molto più importanti, come eleggere il presidente della FIGC o fare le riforme con un pregiudicato

  2. L’Italia in guerra? Ci manca solo quella. Intanto mandiamo i nostri soldati ( ne conosco alcuni ) in centrafrica a fare non so cosa, e informati sui pericoli dell’Ebola. L’opinione pubblica italiana non le capisce ste cose, meglio occuparsi di calcio e chiacchiere.

  3. Certo, tutto giusto, bisognerebbe intervenire, ma bisognerebbe anche capire che tutto quello che sta accadendo nei punti nevralgici delle forniture energetiche mondiali fa parte di un ben architettato piano angloamericano come preludio ad un conflitto su scala globale volto al sovvertimento del attuale ordine-disordine…, tutto sta accadendo su precisi piani e linee di condotta di destabilizzazione, volte a colpire l’approvigionamento dell’europa in primis, per poi portare ben altro in europa…
    Come si puo’ pensare che un governo ITALIDIOTA governato da fantozzini messi li’ a bella posta solo per dare una parvenza di DEMONIACRAZIA, possa decidere di fare i propri interessi e quelli di un popolo LIMBICO (oramai),?…
    Capire che siamo sudditi, capire che siamo in balia della follia di chi governa il mondo con guerre e False-Flag…capire che questo sara’ un inverno al freddo ma allo stesso tempo molto caldo…

  4. Ma quanto era meglio quando c’era Gheddafi. Ma l’Italia, a parte una certa esitazione iniziale, non si oppose, anzi.
    Adesso ci poniamo il problema? Piuttosto dovremmo riflettere sul fatto che i nostri “alleati” non fanno più una mossa senza calpestare i bisogni dell’Italia.

    Forse sarebbe il caso di ritirare tutti i nostri militari in missioni ONU e NATO e mandarli a combattere per il bene dell’Italia in Libia. E magari anche far smettere le nostre navi di fare da trasportino agli immigrati e rimuoverle per fare i nostri interessi nazionali. E se i nostri “alleati” protestano basterà rispondergli che il casino lo hanno voluto fare loro.

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