Home Italia Italia l’orgoglio di una nazione
Italia l’orgoglio di una nazione

Italia l’orgoglio di una nazione

131
8

ItaliaQuando una nazione può definirsi tale? Quando un insieme di persone che condividono la lingua, i principi di base, e la volontà di raggiungere insieme una serie di obiettivi possono chiamarsi veramente Nazione?
Sicuramente quando tutti gli individui appartenenti a quella Nazione sono fieri di appartenere alla stessa comunità difendono l’onore del Paese in patria e all’estero e mostrano orgoglio quando agiscono o solo semplicemente quando parlano del proprio paese.
Ebbene, noi in Italia, abbiamo tutto il diritto di mostrare orgoglio per la nostra nazione. L’Italia è un paese dalle mille risorse e gli italiani, tutti, se restano uniti riescono dove gli altri nemmeno tentano. L’Italia e il suo popolo non ha “solo il turismo”, noi siamo e dobbiamo restare una nazione industriale, anzi di più, una nazione tecnologica in grado di sfidare il mondo, non adeguandosi agli standard altrui, ma creando noi stessi gli standard dello sviluppo e del progresso.
Noi qui in Italia abbiamo però un punto debole, un grave difetto, utilizzato da molti per bloccare il nostro sviluppo e che ci rende deboli nei conflitti. I conflitti non si svolgono solamente dal punto di vista militare, i confitti economici, infatti, sono in grado di infliggere i medesimi danni in maniera silenziosa. E contro l’Italia, coloro i quali desiderano un Italia debole, sfruttano la nostra tendenza alla divisione,il nostro compiacimento nel vedere il nostro vicino che non la pensa come noi, o che magari ha più di noi, soccombere. Non ci importa cercare di capire gli effetti che avrà un giorno su di noi la disgrazia del nostro vicino, ci gongoliamo stupidamente della sua rovina non pensando che un giorno potremmo essere noi quello in disgrazia. È sfruttando questo nostro difetto e l’assenza completa di orgoglio nazionale tanti, troppi, quasi tutti, ci hanno preso in giro.
Vogliamo ricordarvi alcuni episodi storici.
Iniziamo da un bene essenziale: il latte.
Negli anni 80, la comunità europea decise di regolamentare la produzione di moltissimi beni. L’Italia accettò di rinunciare a gran parte della propria produzione di latte, in favore della Germania. Negli anni 80 l’Italia era praticamente autosufficiente da questo punto di vista e il governo pago grassi incentivi a quegli allevatori che volevano disfarsi delle vacche da latte. In cambio all’Italia restò una minima parte delle quote di produzione siderurgiche, quella siderurgia e quell’industria pesante che a poco a poco abbiamo poi eliminato noi stessi con il risultato che oggi l’Italia importa della Germania sia il latte che i prodotti siderurgici.
Un altro esempio è la questione delle aziende di stato e delle aziende di valenza strategica.
Da sempre l’Europa proibisce gli aiuti di stato, da sempre l’Europa si batte (in teoria) per il libero mercato, da sempre l’Europa non applica in maniera egualitaria questo principio a tutti i paesi membri. Analizziamo i rapporti tra Italia e Francia in questi settori. Un dato su tutti. I francesi hanno fatto shopping selvaggio in Italia. Banca Nazionale del Lavoro, Parmalat, Alitalia, Cassa di Risparmio di Parma, spesso comprate per pochi soldi dopo che lo Stato italiano e il contribuente italiano le aveva fatte crescere o ne aveva appianato i debiti. Al contrario quando Enel cercò la scalata a Gaz de France, una azienda strategica a pari di Alitalia o delle banche di casa nostra, il governo di Parigi dichiarò GDF di interesse strategico nazionale e ne assunse il controllo nel silenzio assoluto dell’Europa.
Non parliamo poi della questione energetica. Dopo l’incidente nucleare di Chernobyl l’Italia rinunciò ad utilizzare l’energia atomica. Non entriamo nel merito della discussione sul nucleare ma vogliamo mettervi in evidenza un fatto. Dopo quel referendum, e fino ai giorni nostri, la Francia ha progettato la propria rete di centrali nucleari non solo per il fabbisogno interno ma anche per soddisfare parte della richiesta italiana. Numerose centrali sono state costruite nei pressi del confine italiano, e con i venti prevalenti diretti da ovest verso est, porterebbero la radioattività derivata da un incidente in terra francese nei cieli italiani. Quindi l’Italia non ha più i benefici dell’energia nucleare ma ne conserva una parte dei rischi, pagando ai francesi in maniera salata, sia in termini economici sia in termini geopolitici, l’energia a noi indispensabile.
Altro esempio la guerra in Libia, una guerra dove il nostro paese ha partecipato attivamente con il risultato di perdere il rapporto quasi monopolistico per la gestione del gas e del petrolio libico. Una guerra che ha evidenziato una volta per tutte la limitata indipendenza del nostro paese.
Potremmo andare avanti per decine di pagine parlando della nostra limitata sovranità, ma preferiamo sperare e credere che il nostro paese possa riscoprire una volta per tutte l’orgoglio di essere una nazione, mettere da parte prestigiatori, calciatori e ballerine che ingolfano le televisioni e i discorsi di troppi di noi. Mettere da parte la voglia di sopraffare il vicino e sostituirla con la volontà di fare crescere questo paese, difendere il lavoro e per difendere il lavoro bisogna difendere le industrie, creare tecnologia, attirare capitali stranieri, non svendere come in un outlet quel che è rimasto della nostra industria.
È per questo che se questa Nazione ha ancora quell’orgoglio indispensabile per emergere nel mondo globalizzato NON DEVE vendere ENI, ENEL, Finmeccanica, Alitalia e nessuna altra forza produttiva del paese, DEVE difendere la produzione siderurgica a tutti i costi e allo stesso tempo garantire la salute di lavoratori e cittadini, DEVE essere in grado di sviluppare quelle aree del paese dove la gente ha voglia e fame di lavoro ma nessuno li mette nella condizione di lavorare con una prospettiva certa, come nel Nord Est, nell’Emilia del terremoto, nella Taranto dell’ILVA o nel Sulcis ormai senza più attività produttive.
Noi siamo sicuri che questo paese ha l’orgoglio necessario per fare tutto questo e se smetterà di essere distratto dai Derby calcistici e dai venditori di fumo che oggi siedono in parlamento risorgerà più forte di prima, con la speranza che per giungere a questo non si debba passare da una stagione di violenza, una violenza che appare a sempre più persone come l’unico mezzo per far sentire la propria voce.
Dimenticavamo una cosa: tra pochi giorni Telecom Italia diventerà di proprietà spagnola. Un’altra azienda strategica diventa straniera. L’outlet Italia è aperto.

tags:

Comment(8)

  1. purtroppo telecom è diventata spagnola e chissà cosa tra qualche mese . . . arriveranno i cinesi , grazie governo

  2. Vorrei aggiungere all’elenco l’Olivetti, che era il fiore all’occhiello della nostra tecnologia e non solo. Un’azienda che avrebbe oggi potuto essere in competizione sul mercato con le più grandi multinazionali del mondo, smantellata per l’interesse di pochi.
    Non cambieremo mai, la storia ci ha purtroppo relegato ad essere un popolo diviso e troppo spesso sottomesso.
    Un plauso per l’editoriale.

  3. si ma poi continuiamo a votare gentaglia che ha come unico scopo distruggerci come nazione per compiacere i loro padroni della massoneria mondiale , a cominciare da quel cancro chiamato centrosinistra

  4. Totalmente d’accordo!
    Bisognerebbe farlo leggere a tutti gli italiani che hanno ancora un po’ d’orgoglio, l’orgoglio quello vero e non quello da opportunisti del momento!

  5. Totalmente d’accordo. Stiamo distruggendo quello che i nostri genitori avevano costruito. Pochi incapaci (?) ci hanno venduto a spregiudicati affaristi stranieri

  6. Si complimenti, quello che ho pensato al sentire la notizia sulla Telecom. Lavoro in fabbrica e quello che vedo é gente stordita dalle banalità. La storia, la nostra storia ha per molti, troppi! nessun valore. Prigionieri della nostra stessa ignoranza. W L’ ITALIA

  7. Concordo pienamente con quanto riportato nell’articolo.
    Vorrei aggiungere che il referendum contro il nucleare del 1987 non solo eliminò le centrali che erano state costruite ed erano produttive, ma distrusse tutta quella parte di aziende che gravitavano intorno al mondo del nucleare generando così un disastro economico-energetico-industriale decisamente sottovalutato.
    Saluti

  8. concordo totalmente con l’analisi, potreste proporre ai lettori la sottoscrizione dell’articolo in modo da farne una sorta di manifesto del risveglio nazionale.

    ADMIN: grazie per il suggerimento, sicuramente una riflessione la faremo.

Comments are closed.