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Parigi si prepara ad un intervento in Libia?

Parigi si prepara ad un intervento in Libia?

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Truppe francesi di stanza in Africa, e reparti della Legione Straniera, si starebbero preparando ad un intervento militare in Libia. Un intervento militare gestito in accordo con ciò che rimane del governo libico, che ora opera da Tobruk e che avrebbe inizio nel sud desertico del paese non sulle dense aree costiere.
Anche a tal fine, nella mattinata di oggi, il premier libico Al Thani si sarebbe recato in Algeria per discutere “questioni urgenti di sicurezza”, anche se non è stato specificato quale sia la controparte di tale discussione.
La Francia agisce ora, dopo aver determinato l’implosione della Libia gestita dal regime di Gheddafi e non aver operato in maniera concreta per supportare le nuove istituzioni libiche e, al tempo stesso, garantire autonomia e capacità decisionale alle numerose tribù e clan che compongono il puzzle etnico e culturale della Libia moderna.
Su queste pagine, quasi un anno fa, abbiamo chiesto un intervento militare internazionale in Libia, un intervento che però non può e non deve essere demandato ai francesi. Un intervento di questo tipo, sia per vicinanza geopolitica, storica e economica, deve essere gestito da Italia ed Egitto. Il supporto della comunità africana e araba, nonché delle nazioni mediterranee, deve essere presente, ma Parigi non può ancora una volta voler gestire in nome dell’Europa e, ancor di più, in nome dell’Egitto e dell’Italia questa situazione. Invitiamo, nel nostro piccolo, il governo italiano a mettere in atto ogni misura necessaria, inclusa l’opzione militare, al fine di tutelare gli interessi strategici nazionali in Libia, e non subire ancora una volta passivamente le scelte di Parigi in Nord Africa.
Questa potrebbe essere l’ultima occasione per l’Europa di far sentire la propria influenza sulla Libia, ed impedire la deflagrazione di una crisi in Nord Africa che rischierebbe di travolgere le nostre economie e il nostro ordinamento sociale nel giro di pochi anni. Un intervento militare in Libia dovrà essere accompagnato da una ridefinizione delle province libiche, un ampliamento della loro autonomia e rapporti economici privilegiati della Nuova Libia con i paesi confinati e che si trovano a Nord del Golfo della Sirte.
Ora in Libia impera la violenza, solo la fermezza di un esercito può fermare questa spirale. Chi si ostina a cercare una soluzione discussa e messa in atto con il solo sforzo diplomatico è, a nostro avviso, destinato a fallire e su questo punto Parigi ha pienamente ragione. Tuttavia immaginare di schierare truppe straniere in Libia senza una chiara strategia per il futuro sarebbe un passo ancora più folle, accendendo la nostra presenza miliare a Tripoli lo stereotipo del nemico comune in grado di coalizzare forze oggi divise tra loro, e che accenderebbero una guerra partigiana sullo stile dell’Irak, richiamando sul suolo libico i professionisti della guerriglia e degli attentati.
È quindi necessario, indispensabile, tassativo far ritornare al benessere rapidamente il popolo libico, fornendo i mezzi e i finanziamenti necessari allo sviluppo, l’accesso al cibo, all’acqua, ad una abitazione, all’istruzione, al lavoro e alle cure mediche.
Se l’occidente, con l’Egitto e gli altri paesi del Nord Africa, desiderano la pace nel mediterraneo un piano di sviluppo per la Libia deve essere siglato contestualmente agli accordi per un intervento militare, e la ricostruzione deve cominciare la settimana stessa nella quale le truppe internazionali metteranno piede in Libia, in caso contrario sarà un fallimento dal quale tutto il mediterraneo difficilmente si risolleverà per i prossimi dieci anni.

Comment(2)

  1. Per quanto sia tutto condivisibile, credo che ad oggi l’Italia non abbia alcuna risorsa finanziaria, materiale e quant’altro, per poter in qualche modo intervenire. In considerazione poi della circostanza che sul piano internazionale siamo pari a zero, risultiamo poco credibili in quasi tutto quello che diciamo e/o facciamo.
    Di fatto, questo paese è tecnicamente già in fallimento.
    Per quanto tutti si sforzino di gettare acqua sul fuoco, il debito pubblico aumenta ogni mese. Prima o poi sarà insostenibile. Sarebbe ora di riconoscerlo. Senza voler dare connotazioni di colore politico, le misure prese e quelle che ancora si fantasticano, sono del tutto insufficienti.
    Basti un solo esempio. Le tanto vituperate province. Ad oggi a parte togliere gran parte dei finanziamenti ( in parte poi ripristinati perchè non si erano delegate le competenze ad altri enti) restano in piedi.

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